domenica 31 dicembre 2023

La Circoncisione e il Peccato Originale

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 2, 21.

In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur puer: vocátum est nomen eius Iesus, quod vocátum est ab Ángelo priúsquam in útero conciperétur.

Séguito del S. Vangelo secondo Luca 2, 21.

In quel tempo, dopo che furono trascorsi otto giorni, affinché il bambino fosse circonciso, fu chiamato con il nome Gesù, come era stato chiamato dall’Angelo prima di essere concepito nell'utero.

Nell'Antico Testamento, Dio impartisce ad Abramo l'ordine di praticare la circoncisione come segno dell'alleanza tra Lui e il popolo ebraico. La Genesi (17, 9-14) riporta le parole di Dio ad Abramo, sottolineando la necessità della circoncisione come segno tangibile dell'impegno divino e della responsabilità umana. Questo rituale, apparentemente arcaico, talvolta interpretato dagli studiosi come motivato da mere ragioni igieniche, riveste un significato più profondo nell'ambito dell'Antica Alleanza. Con la Nuova Alleanza, la circoncisione trova il suo significato completo nel sacramento del Battesimo, che va oltre l'antica immagine e assume una dimensione piena spirituale e redentrice.

A differenza del Battesimo, però, la circoncisione non era un sacramento, ma piuttosto un segno, una prefigurazione, un simbolo spirituale. Il suo significato si collega alla consapevolezza della corruzione della natura umana a causa del peccato originale. La circoncisione simboleggia dunque la necessità di un'azione doppia: da un lato, l'intervento divino attraverso la grazia (Dio concede la sua amicizia a chi si circoncide), e dall'altro, l'azione umana mediante la libertà e la responsabilità (l'uomo accetta di aderire a quest'alleanza compiendo da sè il gesto).

La circoncisione di Cristo assume pertanto un ruolo centrale in questa comprensione, simboleggiando il compimento della promessa implicita nella pratica della circoncisione. La redenzione portata da Cristo sulla croce rende la circoncisione obsoleta, poiché la promessa indicata da questo rito è stata pienamente realizzata sul Calvario. La nuova era della promessa è ora centrata sulla resurrezione, prefigurata e annunciata nel Battesimo, il quale in quanto sacramento ha anche l'effetto reale di cancellare il peccato originale e i suoi effetti spirituali.

San Tommaso d'Aquino spiega che la circoncisione rappresentava lo spogliarsi della vecchia generazione, ora superata dalla passione di Cristo. Nella stessa occasione liturgica, la Chiesa riflette sulla Purificazione di Maria al Tempio, in perfetta conformità alla legge mosaica. Maria, pur concepita senza peccato originale, decide tuttavia volontariamente di sottostare a questo rito di purificazione. Questo gesto non solo esprime umiltà e obbedienza alla volontà divina, ma prefigura anche il suo ruolo nella purificazione dell'umanità attraverso il concepimento di Cristo, il Redentore.

Gaetano Masciullo

sabato 30 dicembre 2023

Simeone e Anna: l'intuizione dello Spirito

Sequéntia sancti Evangélii secundum Lucam 2, 33-40.

In illo témpore: Erat Ioseph et María Mater Iesu, mirántes super his quæ dicebántur de illo. Et benedíxit illis Símeon, et dixit ad Maríam Matrem eius: Ecce, pósitus est hic in ruínam et in resurrectiónem multórum in Israël: et in signum, cui contradicétur: et tuam ipsíus ánimam pertransíbit gládius, ut reveléntur ex multis córdibus cogitatiónes. Et erat Anna prophetíssa, fília Phánuel, de tribu Aser: hæc procésserat in diébus multis, et víxerat cum viro suo annis septem a virginitáte sua. Et hæc vídua usque ad annos octogínta quátuor: quæ non discedébat de templo, ieiúniis et obsecratiónibus sérviens nocte ac die. Et hæc, ipsa hora supervéniens, confitebátur Dómino, et loquebátur de illo ómnibus, qui exspectábant redemptiónem Israël. Et ut perfecérunt ómnia secúndum legem Dómini, revérsi sunt in Galilǽam in civitátem suam Názareth. Puer autem crescébat, et confortabátur, plenus sapiéntia: et grátia Dei erat in illo.

Séguito +︎ del S. Vangelo secondo Luca 2, 33-40.

In quel tempo, Giuseppe e Maria, madre di Gesù, restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. E Simeone li benedisse, e disse a Maria, sua madre: "Ecco egli è posto per la rovina e per la resurrezione di molti in Israele, e sarà segno che subirà contraddizione, e una spada trapasserà la tua stessa anima, affinché restino svelati i pensieri di molti cuori". C’era inoltre una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto avanti negli anni, che aveva vissuto per sette anni con suo marito sin dalla sua giovinezza. Rimasta vedova fino a ottantaquattro anni, non usciva dal tempio, servendo notte e giorno con preghiere e digiuni. E nello stesso tempo ella sopraggiunse, e dava gloria al Signore, parlando di lui a quanti aspettavano la redenzione di Israele. Quando ebbero compiuto tutto secondo la legge del Signore, se ne tornarono in Galilea, nella loro città di Nazaret. Il fanciullo dunque cresceva e si irrobustiva, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era con lui.

I saggi profeti Simeone e Anna rappresentano la condizione dell'uomo che, in grazia di Dio, è giunto a un buon grado di perfezionamento spirituale. Abbiamo così un uomo e una donna che esercitano in maniera differente il proprio carisma profetico. Simeone benedice e profetizza, Anna annuncia a tutti i presenti la lieta notizia che la Redenzione di Israele, e di tutti gli uomini di buona volontà, è finalmente realizzata in quel neonato di soli otto giorni.

Entrambe le figure dimostrano una profonda connessione con lo Spirito Santo, il riconoscimento del Messia, e una prontezza nel testimoniare il vangelo a chi ci è prossimo. Per il cristiano, Simeone e Anna offrono un modello sublime di fede, gratitudine e servizio. Incoraggiano a riconoscere la presenza salvifica di Gesù nelle nostre vite, a benedire Dio per la sua opera, a condividere la gioia della vita religiosa.

Simeone proclama che Gesù è destinato sia alla rovina che alla resurrezione di molti in Israele. Questa dichiarazione rivela a Maria prima, alla Chiesa poi, una tensione cruciale nella missione di Gesù: la sua venuta porterà cambiamenti radicali, ma anche la rovina delle strutture e delle mentalità mondane, anche se erette in nome di Dio, com'era avvenuto nel caso dei Farisei, ma al contempo offrirà la possibilità di risurrezione, cioè di rinascita profonda e autentica, per coloro che abbracciano la sua Croce.

Segno di contraddizione: la presenza di Gesù nella storia avrebbe provocato opposizione e divisione. La sua dottrina e la sua missione avrebbero diviso gli uomini, poiché alcuni avrebbero accolto la sua verità con fede, mentre altri avrebbero resistito e contrastato il suo messaggio. Interessante in tutto ciò vedere che questa profezia si rivolge in maniera particolare alla stessa Maria, mostrando così il ruolo importante, quasi centrale, che ella assume nell'economia della salvezza. "Una spada trapasserà la tua stessa anima": un'immagine che evoca il dolore e la sofferenza che Maria avrebbe dovuto sperimentare durante la vita di Gesù, culminando con la sua crocifissione. Una profezia che anticipa il ruolo di Maria come Madre del silenzio e del dolore, e già ci porta al Calvario del Venerdì Santo.

E tuttavia, lo scandalo della croce è necessario non solo per la salvezza degli uomini di buona volontà, ma anche perché "siano rivelati i pensieri di molti cuori": la presenza di Gesù avrebbe portato alla luce le vere intenzioni e le risposte interiori delle persone. La sua presenza avrebbe agito come una sorta di discernimento, esponendo la verità dei cuori umani. Questi pensieri cui Simeone fa riferimento non sono solo le riflessioni intellettuali, ma anche gli atteggiamenti, i desideri più profondi, le intenzioni radicate nei cuori umani. La luce divina illumina e svela gli aspetti più nascosti e intimi dell'essere umano.

Viene in mente quanto scriverà l'autore della Lettera agli Ebrei: "La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione tra anima e spirito, tra giunture e midollo, ed è capace di discernere i pensieri e le intenzioni del cuore" (Eb 4, 12). 

Gaetano Masciullo

domenica 24 dicembre 2023

Un Dio è nato per noi

Inítium S. Evangélii secundum Ioánnem 1, 1-14.

In princípio erat Verbum, et verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebrae eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quae illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot áutem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his qui crédunt in nómine eius: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis: et vídimus glóriam eius, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiae et veritátis.

Inizio del S. Vangelo secondo Giovanni 1, 1-14.

In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende tra le tenebre e le tenebre non l’hanno accolta. Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Questi venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma era per rendere testimonianza alla luce. Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe. Venne nella sua casa e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome: i quali non da sangue, né da volontà di carne né da volontà di uomo, ma da Dio sono nati. E il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi: e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Il vangelo scritto da san Giovanni evangelista ha come obiettivo principale dimostrare la natura divina di Cristo. Nel suo celebre Prologo, proclamato durante la Messa del Santo Natale, emerge un compendio sublime di teologia dogmatica, considerato da molti il primo "trattato" cristologico della storia, approfondendo così la nostra comprensione di Gesù Cristo Uomo-Dio. San Giovanni apostolo, definito nel vangelo "il discepolo prediletto del Signore," non solo per la giovinezza tra i Dodici, ma anche per la profonda intelligenza e affettività, è riconosciuto come il primo devoto del Sacro Cuore di Gesù.

Il Prologo, contenente concetti complessi, sarà ora brevemente analizzato attraverso il commento di san Tommaso d'Aquino, il massimo teologo cattolico di tutti i tempi. Il primo verso afferma l'esistenza della natura divina di Gesù, indicandolo come il Verbo. In risposta alla domanda "Gesù è Dio?", san Giovanni afferma che Cristo supera le limitazioni temporali ("In principio era il Verbo") e spaziali ("il Verbo era presso Dio"), spiegando che questa trascendenza è dovuta alla sua natura divina ("il Verbo era Dio"). L'inizio del vangelo, simile a quello di Genesi, ma con un principio trascendente, senza tempo, inserito nell'eternità, è notevole.

San Giovanni sembra ripetere lo stesso concetto, affermando che il Verbo era "presso" Dio. Questa ripetizione, secondo san Tommaso, serve a indicare il modo dell'esistenza divina, confutando l'errore di considerare Cristo inferiore al Padre. L'Evangelista sottolinea che il Verbo è "presso Dio", unito nella volontà e nella maestà, ma distinto come Persona, introducendoci così il Mistero della Trinità.

La spiegazione successiva di san Giovanni sul perché Dio Figlio è chiamato Verbo ("Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto") si collega al concetto di lògos dalla grammatica, equivalente al nostro predicato verbale. Gesù è il "predicato verbale" di Dio, indicando che la Trinità si relaziona al creato attraverso Cristo, fin dalla sua creazione.

Attraverso un esempio, si illustra che Gesù è l'archetipo eterno, il modello di tutto ciò che esiste. Egli è il Verbo attraverso cui Dio progetta e crea, incarnandosi nell'essere umano, "compendio di tutte le idee divine". In Cristo convergono tutte le perfezioni del cosmo, incarnandosi nel Verbo che crea e sostiene il mondo, come nel momento della creazione quando "Dio disse", e tutto venne all'esistenza.

Gaetano Masciullo

Pace agli uomini di buona volontà


Sequéntia sancti Evangélii secundum Lucam 2, 1-14.

In illo témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a præside Sýriæ Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Ioseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Iudæam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem: eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit iuxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ cœléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.

Inizio del S. Vangelo secondo Luca 2, 1-14.

In quel tempo, uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era governatore della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. Avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: "Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo una grande gioia: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Il Vangelo proclamato nella Notte di Natale ci narra della manifestazione di Cristo ai pastori. L'annuncio divino attraverso una schiera di angeli sottolinea che questa manifestazione è stata voluta esplicitamente da Dio. Tuttavia, ciò solleva la domanda: qual è il significato più profondo di questo evento?

San Tommaso d'Aquino dedica un'intera sezione della sua Somma Teologica a esplorare la manifestazione del neonato Gesù agli uomini. Affrontando tre domande chiave - a chi, perché e con quale ordine si è manifestato - il grande teologo domenicano offre prospettive illuminanti. In risposta alla prima domanda, san Tommaso, basandosi sulla Parola, spiega che Gesù non intendeva manifestarsi a tutti gli esseri umani. Questa limitazione aveva tre ragioni principali: preservare la redenzione sulla Croce, preservare il merito della fede ed evitare dubbi sulla sua natura umana.

Queste considerazioni suggeriscono che, sebbene Cristo non volesse manifestarsi a tutti, non poteva rimanere nascosto per tutti. La pedagogia divina prevede la rivelazione graduale attraverso persone designate, come indicato dall'istituzione del sacerdozio. Resta da rispondere alla terza domanda: con quale ordine si è manifestato Cristo ai pochi prescelti? Quest'ordine, riproposto dalla liturgia della Chiesa, va dalla manifestazione ai pastori, all'Ottava di Natale con la circoncisione e la presentazione di Gesù nel Tempio, fino all'Epifania. San Tommaso spiega che, poiché la Redenzione è destinata a tutti gli uomini, Cristo doveva manifestarsi a individui di ogni condizione.

La triplice manifestazione - ai pastori, ai Magi e ai profeti nel Tempio - rappresenta le predisposizioni dell'individuo a ricevere la verità rivelata. Questo include segni soprannaturali (come avvenuto per i pastori, che vedono degli angeli), segni naturali sensibili (come avvenuto per i Magi, che vedono un astro),  e ispirazioni dirette dello Spirito Santo (come avvenuto per i santi Simeone e Anna). Vediamo dunque tre condizioni spirituali possibili: chi è in grazia di Dio ma all'inizio del cammino spirituale (pastori), chi non è in grazia di Dio ma in ricerca della verità (Magi), chi è in grazia di Dio e in perfezione spirituale (Simeone e Anna).

Interessante spendere qualche parola su ciò che gli angeli cantano alla fine di questa visione ai pastori. La Scrittura non dice "pace in terra agli uomini amati dal Signore", come vorrebbe una recente traduzione del Gloria, ma "agli uomini di buona volontà". Questa traduzione è importante. Gli angeli - e l'evangelista Matteo che riporta tali parole - vogliono dirci che la pace di Dio non è automaticamente concessa a tutti gli uomini. La pace - che non è la semplice assenza di guerra, ma la concordia della volontà superiore con le basse passioni, nell'orientare entrambe verso il Bene - scaturisce dalla gloria tributata al Dio dei cieli. Dio pertanto non concede la pace a tutti gli uomini, ma solo a quelli che hanno "buona volontà", cioè appunto orientata verso il Bene.

Chiediamo al Signore la grazia di sostenere le nostre opere e la nostra fede, e di aiutarci a vivere con una volontà orientata verso il Bene, sì da poter ricevere davvero Cristo, il Principe della Pace, nella nostra esistenza.

Gaetano Masciullo

sabato 23 dicembre 2023

San Giuseppe custode del Natale

Sequéntia sancti Evangélii secundum Matthǽum 1, 18-21.

Cum esset desponsáta Mater Iesu Maria Ioseph, ántequam convenírent, inventa est in útero habens de Spiritu Sancto. Ioseph autem, vir eius, cum esset iustus et nollet eam tradúcere, vóluit occúlte dimíttere eam. Hæc autem eo cogitánte, ecce, Angelus Dómini appáruit in somnis ei, dicens: Ioseph, fili David, noli timére accípere Maríam cóniugem tuam: quod enim in ea natum est, de Spíritu Sancto est. Páriet autem fílium, et vocábis nomen eius Iesum: ipse enim salvum fáciet pópulum suum a peccátis eórum.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 1, 18-21.

Quando Maria, Madre di Gesù, si sposò con Giuseppe, prima di abitare con lui fu trovata incinta per virtù dello Spirito Santo. Ora, Giuseppe, suo marito, essendo giusto e non volendo accusarla, pensò di rimandarla segretamente. Mentre pensava a questo, ecco apparirgli in sogno un Angelo del Signore, che gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria in sposa: poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo. Ella partorirà un figlio che chiamerai Gesù: poiché egli libererà il suo popolo dai suoi peccati".

In questa Domenica di Vigilia del Santo Natale, la Chiesa ci propone un'altra figura importantissima per l'economia della salvezza. Dopo averci indicato quasi continuamente la figura di san Giovanni Battista durante il periodo di Avvento, il precursore del Messia, colui che addita la penitenza e la conversione come vie maestre per bene accogliere il Salvatore nella culla del nostro cuore, ecco che un'altra grande figura spicca nella liturgia.

Stiamo parlando di san Giuseppe, padre putativo di Nostro Signore. Questo personaggio non parla mai nei vangeli. Uomo del silenzio, egli è tuttavia loquace nelle sue opere. L'evangelista san Matteo lo descrive con un aggettivo molto significativo per la mentalità ebraica dell'epoca: "uomo giusto". Essere uomo giusto significava per gli israeliti uomo integralmente rispettoso della Legge di Dio. 

Leggiamo dunque che, una volta scoperto lo stato interessante di Maria sua sposa, san Giuseppe "poiché era uomo giusto" non decide di denunciarla alle autorità per adulterio (cosa che avrebbe comportato la pena capitale), ma di ripudiarla segretamente. Questo perché san Giuseppe, che conosceva bene Maria, non riusciva a credere all'ipotesi dell'adulterio. Egli conosceva la purezza di Maria, conosceva la sua fedeltà coniugale, e quindi non poteva che ritenere la tesi di un evento soprannaturale più verosimile della tesi dell'adulterio. 

Questo dubbio viene disciolto da un angelo. Assistiamo così ad una seconda annunciazione, questa volta rivolta non alla Vergine Maria, bensì a san Giuseppe. Per questo motivo, se il vangelo secondo Luca viene chiamato spesso il vangelo di Maria, il vangelo secondo Matteo spesso viene indicato come il vangelo di san Giuseppe. Nell'annuncio dell'angelo a Giuseppe, particolare importanza viene data al nome del bambino, il nome santo di Gesù.

Gesù significa in ebraico e in aramaico "Yah salva", "Dio salva". In verità, il brano di vangelo odierno procede citando il profeta Isaia: "Ecco la Vergine concepirà e partorirà il Figlio, che sarà chiamato Emmanuele". Due nomi dunque che vengono posti in sequenza, con significati strettamente collegati: Dio salva, cioè si incarna per liberare l'uomo dalle catene della colpa che lo rendono meritevole dell'inferno; e nella salvezza egli si fa "Dio in mezzo a noi". La presenza di Cristo nel mondo, iniziata nella notte storica del Natale, non è destinata a dissolversi con la Croce e poi con l'Ascensione. No, il Signore stesso ci rassicura: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo 28, 20). Spetta a noi predisporre bene la culla del cuore e permettere a Dio di sbocciare nel nostro cuore.

Gaetano Masciullo

sabato 16 dicembre 2023

Tre virtù per prepararsi bene all'Avvento

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Ioánnem 1, 19-28.

In illo tempore: Misérunt Iudǽi ab Ierosólymis sacerdótes et levítas ad Ioánnem, ut interrogárent eum: Tu quis es? Et conféssus est, et non negávit: et conféssus est: Quia non sum ego Christus. Et interrogavérunt eum: Quid ergo? Elías es tu? Et dixit: Non sum. Prophéta es tu? Et respondit: Non. Dixérunt ergo ei: Quis es, ut respónsum demus his, qui misérunt nos? Quid dicis de te ipso? Ait: Ego vox clamántis in desérto: Dirígite viam Dómini, sicut dixit Isaías Prophéta. Et qui missi fúerant, erant ex pharisǽis. Et interrogavérunt eum, et dixérunt ei: Quid ergo baptízas, si tu non es Christus, neque Elías, neque Prophéta? Respóndit eis Ioánnes, dicens: Ego baptízo in aqua: médius autem vestrum stetit, quem vos nescítis. Ipse est, qui post me ventúrus est, qui ante me factus est: cuius ego non sum dignus ut solvam eius corrígiam calceaménti. Hæc in Bethánia facta sunt trans Iordánem, ubi erat Ioánnes baptízans.

Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni 1, 19-28.

In quel tempo, da Gerusalemme mandarono a Giovanni sacerdoti e leviti per domandargli: "Chi sei?" Ed egli riconobbe, e non negò, e confessò: "Non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Chi sei dunque? Elia?" E disse: "Non lo sono". "Sei il profeta?" E rispose: "No". E allora gli dissero: "Chi sei, così che possiamo riferire a chi ci ha mandati? Cosa dici di te stesso?" Disse: "Sono una voce che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia". E quelli che erano stati inviati erano dei Farisei, e lo interrogarono dicendo: "Come dunque battezzi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Giovanni rispose loro dicendo: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete, che verrà dopo di me, ma che esisteva già prima di me, cui non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali". Ciò avvenne in Betania, oltre il Giordano, dove Giovanni stava a battezzare.

Nella terza Domenica di Avvento, la Chiesa ci propone ancora una volta l'immagine di san Giovanni il Battista. Notiamo, in questo brano, che i farisei avevano inviato da Gerusalemme alcuni discepoli, tra leviti e sacerdoti, a Betania, dove Giovanni amministrava il proprio battesimo di conversione in preparazione all'avvento del Messia promesso: egli infatti sapeva che il Messia stava per manifestarsi, ma non sapeva ancora chi fosse. 

I farisei dunque gli pongono tre domande. La prima domanda è retorica. I farisei si aspettavano che il Battista si presentasse come il Messia, e perciò alla domanda apparentemente generica: "Chi sei?" san Giovanni risponde in maniera molto precisa: "Non sono il Cristo". La prima risposta del Battista denota dunque una grande virtù, fondamentale per la vita devota: l'umiltà. Dinanzi alla tentazione di presentarsi come il Messia atteso - grande era infatti la riverenza che san Giovanni riceveva dagli ebrei, com'è evidente da questo brano, se è vero che i farisei inviarono addirittura da Gerusalemme dei sacerdoti per interrogarlo - il Battista confessa di non essere colui che i farisei aspettavano.

Dunque, la seconda domanda: "Sei tu Elia?" All'epoca di Cristo, alcuni ebrei, influenzati dalle dottrine elleniche e da alcune orientali, avevano contaminato la dottrina della Legge con la credenza nella reincarnazione. Poiché il profeta Malachia scrive: "Ecco, io manderò a voi Elia" (Malachia 4, 5), molti ebrei credevano che Elia si sarebbe davvero reincarnato poco prima dell'avvento del Cristo. Ma questa interpretazione è falsa. Altri ebrei, più coerentemente con la Scrittura, credevano che Elia sarebbe risceso dal Cielo prima dell'Avvento di Cristo, perché è scritto che Elia non morì, ma fu rapito da Dio: "Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo" (2Re 2, 11). San Giovanni dice di non essere Elia: nessuna delle due interpretazioni è infatti corretta. 

Eppure, Gesù stesso dirà di lui: "Se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire" (Matteo 11, 14). Come si spiega questa apparente contraddizione? Questa domanda ottiene in realtà una risposta per bocca dell'angelo, come leggiamo: "Egli andrà davanti a lui con lo spirito e il potere di Elia, per fare tornare i cuori dei padri verso i figli" (Luca 1, 17). Quindi, Elia non fu presente realmente nella persona di Giovanni, ma secondo la somiglianza delle sue opere. E tale somiglianza di opere trova particolare risonanza nello zelo. Così leggiamo in 1Re 19,10: "Ho un grande zelo per il Signore". Allo stesso modo, anche san Giovanni il Battista bruciava di zelo, cioè di grande fervore per difendere la verità, fino a dare la vita per essa. Dunque, la seconda virtù: lo zelo.

Infine, i farisei chiedono a san Giovanni: "Sei tu il profeta?". Alcuni ebrei, male interpretando quel passo del Deuteronomio che dice: "Il Signore farà sorgere per voi un profeta" (Deuteronomio 18, 15), ritenevano che l'avvento del Cristo sarebbe stato preceduto dal più importante dei profeti, senza capire che in realtà il profeta cui Mosè faceva riferimento è lo stesso Cristo, che è a un tempo sacerdote, re e profeta. Anche in questo caso, san Giovanni risponde negativamente, ma Gesù dirà di lui: "Che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anzi più di un profeta" (Matteo 11, 9). Infatti i profeti dell'Antico Testamento annunciavano le cose future, ma san Giovanni annunciava il Regno di Dio fattosi vivo e presente in mezzo a Israele. Ecco la terza grande virtù: la testimonianza

Queste tre virtù sono condensate nella descrizione che san Giovanni dà di se stesso: "Sono una voce che grida nel deserto: Preparate la via del Signore". San Giovanni dice di essere la voce, ma la voce da sola non porta alcun significato, se non è modulata per diventare parola. Cristo è la Parola di Dio, san Giovanni è la voce, cioè il mezzo affinché la Parola possa essere udita e accolta dagli uomini. Senza la voce la Parola non può essere conosciuta, ma senza la Parola la voce è solo un verso animalesco. 

Gaetano Masciullo

sabato 9 dicembre 2023

Come preparare il cuore ad accogliere il Divin Bambino?


Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 11, 2-10

In illo tempore: Cum audísset Ioánnes in vínculis ópera Christi, mittens duos de discípulis suis, ait illi: Tu es, qui ventúrus es, an alium exspectámus? Et respóndens Iesus, ait illis: Eúntes renuntiáte Ioánni, quæ audístis et vidístis. Cæci vident, claudi ámbulant, leprósi mundántur, surdi áudiunt, mórtui resúrgunt, páuperes evangelizántur: et beátus est, qui non fúerit scandalizátus in me. Illis autem abeúntibus, cœpit Iesus dícere ad turbas de Ioánne: Quid exístis in desértum vidére? arúndinem vento agitátam? Sed quid exístis videre? hóminem móllibus vestitum? Ecce, qui móllibus vestiúntur, in dómibus regum sunt. Sed quid exístis vidére? Prophétam? Etiam dico vobis, et plus quam Prophétam. Hic est enim, de quo scriptum est: Ecce, ego mitto Angelum meum ante fáciem tuam, qui præparábit viam tuam ante te.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 11, 2-10

In quel tempo, non appena Giovanni, nel carcere, sentì delle opere del Cristo, mandò due suoi discepoli a chiedergli: "Sei tu quello che deve venire o attenderemo un altro?" E Gesù rispose loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete udito e visto. I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti resuscitano, i poveri sono evangelizzati: ed è beato chi non si scandalizzerà di me". Andati via quelli, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: "Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ecco, quelli che vestono mollemente abitano nelle case dei re. Ma cosa siete andati a vedere? Un profeta? Vi dico anzi: più che un profeta. Questi in vero è colui del quale è scritto: Ecco mando il mio angelo avanti a te, affinché ti prepari la via".

Il vangelo proclamato in questa domenica può essere suddiviso in due parti. Nella prima, il Signore ci mostra con le sue opere che egli è il Messia promesso. I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti resuscitano e i poveri sono evangelizzati. Attenzione però: tutte queste categorie rappresentano ciascuno di noi. In altre parole, ognuno di noi è spiritualmente cieco, perché ignorante: Cristo ci dona la vista e la luce della fede. Ognuno di noi è spiritualmente zoppo, perché non sappiamo agire secondo coscienza retta: Cristo ci dà la grazia. Ognuno di noi è spiritualmente lebbroso, perché il peccato sfigura la nostra somiglianza con Dio: Cristo ci dona il suo volto. Ognuno di noi è spiritualmente sordo: Cristo ci dona la sua parola di salvezza. Ognuno di noi è spiritualmente morto per il peccato: Cristo ci dona la resurrezione e la via. Ognuno di noi è povero, perché non sappiamo più dov'è la verità: Cristo ci rende ricchi, liberi, sapienti con il suo vangelo.

Tutta la vita di san Giovanni il Battista ebbe come fine ultimo quello di preparare l'avvento ministeriale di Nostro Signore. Potremmo dunque chiederci perché la Chiesa sceglie di parlarci di questa figura nel periodo liturgico che invece ci prepara all'avvento di Cristo nella storia con la sua Incarnazione. Il motivo è presto detto: la Chiesa con il parlarci dell'avvento di Cristo nella carne vuole sempre parlarci anche dell'avvento di Cristo nelle nostre vite.

Ecco dunque la seconda parte di questa sequenza di vangelo. San Giovanni il Battista incarna la mentalità che il cristiano deve assumere per ben predisporre il proprio cuore alla venuta di Gesù. Il Battista visse nel deserto, mangiando locuste e miele selvatico, e testimoniò la fede nel Messia che doveva venire fino all'effusione del sangue, difese la verità del matrimonio fino ad essere decapitato per ordine di Erode. Durante l'Avvento, i paramenti liturgici sono di colore viola, cioè il colore della penitenza. Non è un caso.

Per bene accogliere Cristo nella nostra vita, dobbiamo aprire la porta della penitenza. La penitenza, infatti, ci fa rientrare in noi stessi, ci fa prendere consapevolezza della nostra condizione di peccatori e fa crescere il germe dell'umiltà, la virtù fondamento della nostra perfezione spirituale. San Giovanni il Battista visse la perfetta penitenza, e la Chiesa ci indica questo grande martire della verità perché nel vero pentimento otteniamo il perdono di Cristo e il nostro cuore si prepara a divenire mangiatoia di amore per il Bambino che viene.

Gaetano Masciullo

giovedì 7 dicembre 2023

Maria concepita senza peccato, prega per noi!

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam 1, 26-28

In illo témpore: Missus est Angelus Gábriël a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Ioseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus.

Séguito del S. Vangelo secondo Luca 1, 26-28

In quel tempo, fu mandato da Dio l’angelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nàzaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei, l’angelo disse: "Ti saluto, o piena di grazia! Il Signore è con te: benedetta tu fra le donne".

L'8 dicembre è tradizionalmente la data della concezione, cioè il concepimento, della beata Vergine Maria nel grembo dell'anziana madre, sant'Anna. Sebbene sant'Anna fosse stata concepita, come ogni altro essere umano, nel peccato originale, Maria ottenne da Dio un privilegio singolarissimo, quello cioè di essere concepita esente dalla colpa e dagli effetti di quel peccato antico, siano essi fisici o spirituali. Tale privilegio del tutto singolare fu concesso a Maria in vista della croce del Signore Gesù, che in quanto fissato nella storia dall'irremovibile volontà divina non avrebbe mai potuto non verificarsi. 

Questo significa che Maria - come Gesù del resto, l'altro immacolato della storia - non condusse un'esistenza terrena esattamente simile a quella di noi altri uomini, che a differenza sua siamo peccatori. Maria santissima non ha mai peccato, non solo mortalmente, ma neanche venialmente; Maria godeva di un perfetto dominio delle proprie facoltà inferiori; Maria godeva di scienza infusa e aveva un intelletto superiore a quello degli altri esseri umani; Maria non si è mai ammalata, neanche di un semplice raffreddore, e non ha fatto l'esperienza della morte, che sappiamo essere entrata nel mondo proprio a causa del peccato. Ecco perché il 15 agosto festeggiamo l'Assunzione in Cielo in corpo ed anima della beata e sempre vergine Maria, proprio come conseguenza della sua natura immacolata.

Il dogma mariano dell'Immacolata Concezione è stato proclamato solennemente solo di recente, nel 1854, da papa Pio IX, con la bolla Ineffabili Deus, ma la Chiesa ha sempre creduto sin dall'età apostolica in questo dogma. I protestanti e gli scismatici orientali impugnano questa verità di fede sostenendo che non sia biblica, ma in realtà la Scrittura ne parla chiaramente in più parti, a cominciare dal brano di vangelo proclamato proprio nell'occasione liturgica. 

L'angelo infatti non saluta la Vergine con parole casuali. Egli dice: "Ti saluto, o piena di grazia". Sappiamo dalla Scrittura però che nessun uomo, dopo la Caduta e prima della Redenzione, ha potuto godere della grazia, cioè dell'amicizia di Dio: "tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù" (Rm 3, 23-24). Dunque, se Maria è detta addirittura "piena di grazia", e non semplicemente visitata dalla grazia o qualcosa del genere, questo vuol dire che la redenzione realizzata da Cristo Gesù di cui ci parla san Paolo ha prodotto in lei un frutto magnifico di salvezza prima che l'evento stesso della croce si concretizzasse. Questo non deve meravigliarci. Non è forse Dio il Signore della storia? Tutti gli eventi passati, presenti e futuri sono davanti al suo occhio come se fossero compresenti.

Come se non bastasse, l'angelo san Gabriele aggiunge altre due frasi, che in realtà sono rafforzative del concetto già espresso. "Il Signore è con te": solo chi è in grazia ha Dio veramente al proprio fianco. "Tu sei benedetta fra le donne": in virtù di questo privilegio santissimo. Interessante notare che l'evangelista san Luca riporta il saluto dell'angelo facendo esplicito riferimento al libro vetero-testamentario di Giuditta, dove leggiamo: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra" (Giuditta 13, 18). Questa è la frase di lode che il sommo sacerdote Ozia rivolge a Giuditta, dopo che questa riuscì a uccidere il nemico Oloferne che minacciava di distruggere Gerusalemme, infiltrandosi nell'accampamento e decapitandolo. 

Evidentemente san Luca vede nella figura di Giuditta una prefigurazione della Madonna, e non si fa scrupoli a indicarlo. Così come Giuditta, eroica e forte nella sua castità e temperanza, vince e uccide il pagano Oloferne che voleva abusare di lei e distruggere la Città Santa, così Maria - la Giuditta del Nuovo Testamento - vince con la propria castità e immacolatezza il vero Oloferne della storia, cioè satana, schiacciandogli il capo e adempiendo alla missione divina di dare alla luce il Salvatore, difendendo così la vera Gerusalemme celeste, cioè la Chiesa, che nascerà sul Calvario dal costato di Cristo.

Gaetano Masciullo 

sabato 2 dicembre 2023

Avvento: Il Signore illumina la storia

Sequéntia sancti Evangélii secundum Lucam 21, 25-33.

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Erunt signa in sole et luna et stellis, et in terris pressúra géntium præ confusióne sónitus maris et flúctuum: arescéntibus homínibus præ timóre et exspectatióne, quæ supervénient univérso orbi: nam virtútes cœlórum movebúntur. Et tunc vidébunt Fílium hóminis veniéntem in nube cum potestáte magna et majestáte. His autem fíeri incipiéntibus, respícite et leváte cápita vestra: quóniam appropínquat redémptio vestra. Et dixit illis similitúdinem: Vidéte ficúlneam et omnes árbores: cum prodúcunt jam ex se fructum, scitis, quóniam prope est æstas. Ita et vos, cum vidéritis hæc fíeri, scitóte, quóniam prope est regnum Dei. Amen, dico vobis, quia non præteríbit generátio hæc, donec ómnia fiant. Cœlum et terra transíbunt: verba autem mea non transíbunt.

Seguito del S.Vangelo secondo Luca 21, 25-33.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e nella terra costernazioni di genti sbigottite dal rimbombo delle onde e dall'agitazione del mare, mentre gli uomini tramortiranno dalla paura e dall'attesa di quello che starà per accadere alla terra: perché anche le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nubi in gran potenza e maestà. Quando ciò incomincerà ad accadere, sorgete ed alzate il capo, perché s'avvicina la vostra redenzione". E disse loro una similitudine: "Osservate il fico e tutti gli alberi: quando germogliano, sapete che l'estate è vicina. Così quando vedrete accadere tali cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico non passerà questa generazione prima che tutto ciò sia avvenuto. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno".

Inizia il periodo di Avvento e con esso un nuovo anno liturgico. Il colore utilizzato nei paramenti è il viola, colore della penitenza, virtù oggi odiata dal mondo, ma necessaria per rientrare in se stessi e riprendere consapevolezza della propria dimensione di peccatori bisognosi della misericordia del Padre. Interessante notare che la Chiesa, all'inizio del periodo che dovrebbe introdurci alla Nascita del Signore, proclama invece una sequenza di vangelo che sembra parlarci della fine di tutto, la fine del tempo e della storia, con la parusia, cioè il ritorno glorioso di Cristo per la resurrezione dei buoni e dei dannati.

In realtà, la Scrittura ci parla di quattro venute di Cristo nella storia e nel mondo: la prima, nell'Incarnazione; la seconda, nell'Eucarestia; la terza, al momento della morte e del giudizio individuale; la quarta, al momento della morte e del Giudizio finale. Tutto ciò che viene predicato di un avvento può essere predicato anche dell'altro. Per questo motivo, il brano di vangelo proclamato in questa domenica, ancor prima che essere un mero testo apocalittico, espone l'irruzione gloriosa di Cristo nella storia, non solo dell'umanità intera, ma nel cuore di ogni uomo.

Il sole, la luna e le stelle non sono semplici riferimenti cosmici per indicare chissà quale disastro futuro, ma simboli - molto frequenti nella Scrittura - per indicare le potenze mondane, di questo universo. In Genesi, questi tre tipi di astri sono indicati come "lucernari", cioè sorgenti di luce: "Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre" (Gn 1, 16-18). La terra è illuminata fisicamente da questi astri, ma spiritualmente è illuminata da una luce più maestosa, che è la luce della fede introdotta da Cristo Signore. 

Se da una parte i popoli sono "sbigottiti dal rimbombo delle onde e dall'agitazione del mare", cioè sono confusi e sballottati dalle ideologie mondane e dalle false filosofie che ciclicamente si presentano, dall'altra parte Dio rimane in eterno e suo Figlio è colui che manifesta il volto del Padre al mondo, "in gran potenza e maestà", come si conviene a Dio, che non predica nel segreto, ma alla luce: "Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce" (Mc 4, 22); e ancora in un altro posto della Scrittura si legge: "Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto" (Gv 18, 20).

La parabola finale di questa sequenza di vangelo ci conferma che il Signore Gesù non sta parlando tanto di uno scenario da cataclisma e da fine del mondo, quanto del suo avvento nella storia. Anzitutto, leggiamo: "Quando ciò incomincerà ad accadere, sorgete ed alzate il capo, perché s'avvicina la vostra redenzione". Ora noi sappiamo che la redenzione è già giunta per noi, per il legno della Croce. In secondo luogo, leggiamo: "Quando vedrete accadere tali cose, sappiate che il regno di Dio è vicino". Ora noi sappiamo che, nel linguaggio evangelico, l'espressione usata da Gesù "regno di Dio" indica non tanto la vita futura dei beati, quanto la sua stessa persona: Gesù è allo stesso tempo re e regno di Dio, tanto che la Chiesa viene chiamata Corpo mistico di Cristo. In un passo della Scrittura leggiamo che Gesù disse: "Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio" (Lc 11, 20); e altrove: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo" (Mc 1, 15). Dunque, gli eventi cui il Signore fa riferimento con questo linguaggio simbolico sono legati alla sua missione di redentore, non tanto alla fine del mondo. La conferma giunge infine dall'espressione: "non passerà questa generazione prima che tutto ciò sia avvenuto", e in effetti sulla croce Cristo ci ha aperto le porte di questo regno santissimo. Accogliamo anche noi il Regno di Dio nel nostro cuore: adveniat regnum tuum!

Gaetano Masciullo

L'Ascensione, festa della Speranza

Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 14-20. In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit in...