sabato 20 novembre 2021

Mille e un magistero: Cristo e i falsi profeti della storia

Coronavirus: Per molti aperto il quarto sigillo dell ...

Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum 24, 15-35.
In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Cum vidéritis abominatiónem desolatiónis, quae dicta est a Daniéle prophéta, stantem in loco sancto: qui legit intélligat: tunc qui in Iudaéa sunt, fúgiant ad montes: et qui in tecto, non descéndat tóllere áliquid de domo sua: et qui in agro, non revertátur tóllere túnicam suam. Vae áutem praegnántibus, et nutriéntibus in illis diébus. Oráte áutem, ut non fiat fuga vestra in híeme, vel sábbato. Erit enim tunc tribulátio magna, qualis non fuit ab inítio mundi usque modo, neque fiet. Et nisi breviáti fuíssent dies illi, non fíeret salva omnis caro: sed propter eléctos breviabúntur dies illi. Tunc si quis vobis díxerit: Ecce hic est Christus, aut illic: nolíte crédere. Surgent enim pseudochrísti, et pseduoprophétae: et dabunt signa magna, et prodígia, ita ut in errórem inducántur (si fíeri potest) étiam elécti. Ecce praedíxi vobis. Si ergo díxerint vobis: Ecce in desérto est, nolíte exíre: ecce in penetrálibus, nolíte crédere. Sicut enim fúlgur exit ab Oriénte, et paret usque in Occidéntem: ita erit et advéntus Fílii hóminis. Ubicúmque fúerit corpus, illic congregabúntur et áquilae. Statim áutem post tribulatiónem diérum illórum sol obscurábitur, et luna non dabit lumen suum, et stellae cadent de caelo, et virtútes coelórum commovebúntur: et tunc parébit signum Fílii hóminis in caelo: et tunc plangent omnes tribus terrae: et vidébunt Fílium hóminis veniéntem in núbibus caeli cum virtúte multa, et maiestáte. Et mittet Ángelos suos cum tuba, et voce magna: et congregábunt eléctos eius a quátuor ventis, a summis coelórum usque ad términos eórum. Ab árbore áutem fici díscite parábolam: cum iam ramus eius tener fúerit, et fólia nata, scitis quia prope est aestas: ita et vos cum vidéritis haec ómnia, scitóte quia prope est in iánuis. Amen dico vobis, quia non praeteríbit generátio haec, donec ómnia haec fiant. Caelum et terra tránsibunt, verba áutem mea non praeteríbunt.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 24, 15-35.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Quando vedrete l’abominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo: chi legge comprenda: allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti e chi si trova sulla terrazza non scenda per prendere qualcosa in casa sua e chi sta al
campo non torni a pigliare la sua veste. Guai poi alle donne gravide e a quelle che in quei giorni allattano. Pregate che non abbiate a fuggire d’inverno o in giorno di sabato, poiché allora sarà grande la tribolazione, quale non fu dal principio del mondo sino ad oggi, né sarà mai. E se quei giorni non fossero accorciati,
nessun uomo si salverebbe, ma quei giorni saranno accorciati in grazia degli eletti. Allora, se alcuno vi dirà:
'Ecco qui o ecco là il Cristo', non credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi miracoli e prodigi, da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se quindi vi diranno: 'Ecco, è nel deserto', non uscite; 'ecco, è nella parte più riposta della casa', non credete. Infatti, come il lampo parte da Oriente e brilla fino ad Occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sarà il corpo, lì si aduneranno gli avvoltoi. Ma subito dopo quei giorni di tribolazione si oscurerà il sole e la luna non darà più la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potestà dei cieli saranno sconvolte. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo: piangeranno tutte le tribú della terra e vedranno il Figlio dell’uomo scendere sulle nubi del cielo con grande potestà e maestà. Egli manderà i suoi angeli con la tromba e con voce magna a radunare i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità all’altra dei cieli. Imparate questa similitudine dall’albero del fico: quando il suo ramo intenerisce e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina: così, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è alle porte. In verità vi dico, non passerà questa generazione che non siano adempiute tutte queste cose. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole no.

Questa lunga sequenza del vangelo secondo Matteo appartiene alla letteratura apocalittica. A tale proposito, urge fare una riflessione sul significato dell'Apocalisse e della sua enfatizzazione in questi tempi, oggettivamente molto difficili e confusionari per i cristiani, specialmente per i cattolici.

Nel corso della storia, ogni volta che si è verificato un periodo di crisi, moltissime persone si sono presentate al mondo in qualità di destinatari di presunti messaggi privati, rivelazioni divine o angeliche, profezie di sventura e imminenti catastrofi globali. Ogni volta è sembrato di vivere un periodo unico di confusione e dolore nella storia dell'umanità, tanto da far presagire come imminente la fine del mondo. Ma la coscienza storica ci insegna che ogni crisi ha avuto le sue tristi peculiarità negative. Non dimentichiamo che, soltanto nel secolo scorso, durante le due guerre mondiali, la società umana ha sperimentato davvero cosa significa perdere la speranza. Eppure, l'umanità ce l'ha fatta: è sopravvissuta al nazifascismo e al comunismo sovietico.

Oggi la situazione è altrettanto complicata, anche se da una prospettiva ben diversa, e coinvolge in maniera speciale i cattolici. Oggi viviamo una vera crisi del papato: un processo lento, iniziato con una cattiva ermeneutica del Concilio Vaticano II, temporaneamente interrotto durante il pontificato di Giovanni Paolo II (che sembrò ridare autorevolezza alla figura del papa agli occhi del mondo intero, cristiano e non cristiano), per poi riprendere sotto Benedetto XVI e Francesco.

Il pontificato di Benedetto XVI (grande teologo, pessimo politico), fortemente sabotato dall'interno, ha visto suo malgrado la perdita di autorevolezza della figura papale agli occhi del mondo. Il pontificato di Francesco (grande politico, pessimo teologo), d'altro canto, sta facendo perdere autorevolezza della figura papale agli occhi degli stessi credenti (e questo mi pare un dato oggettivo, riscontrabile a prescindere dal giudizio personale che si può dare del magistero di Francesco).

Ma il popolo di Dio, la Chiesa, ha bisogno di una "testa", un vertice, che confermi nella dottrina e nella morale, che sia un punto di riferimento magisteriale. Se il papa viene meno a questo ruolo, il popolo - inevitabilmente - ricercherà questo Magistero infallibile altrove. E la storia ci dimostra che non basta la semplice lettura e meditazione della Scrittura: il Dio cristiano, infatti, non si è fatto libro, ma carne, e come tale implica una visione personale e relazionale.

Oggi assistiamo pertanto al proliferare di "magisteri paralleli" a quello del papa e quindi, indirettamente, a quello di Gesù Cristo. Tantissime rivelazioni private, tantissimi "santi" popolari, con le loro presunte profezie, vengono osannati e ascoltati come se avessero il dono dell'infallibilità. E' particolare, ad esempio, il carisma profetico attribuito ad alcuni esorcisti famosi, le cui parole vengono diffuse in rete come se fossero vangelo. Ma il vangelo proclamato questa domenica ci ricorda di esercitare molta prudenza, soprattutto in periodi confusionari come quello che stiamo vivendo.

Certamente, la parusia - ossia il ritorno di Cristo alla fine dei tempi e la resurrezione finale della carne - è un dogma e un evento storico che si verificherà, ma il cristiano non è chiamato a vivere nell'apprensione di questo evento, anche perché si finirebbe con il cedere inevitabilmente alla tentazione di vivere nell'apatia, perché in fondo "manca poco e non c'è più niente da fare, se non aspettare". Gesù dunque ci mette in guardia dai falsi profeti: "Se quindi vi diranno: 'Ecco, è nel deserto', non uscite; 'ecco, è nella parte più riposta della casa', non credete. Infatti, come il lampo parte da Oriente e brilla fino ad Occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo". Turiamo le orecchie ai falsi magisteri e aggrappiamoci alla pietra salda che è il Magistero della Chiesa cattolica, nonostante le difficoltà del tempo presente.

Gaetano Masciullo

sabato 13 novembre 2021

Perché Gesù insegnava con parabole?

Vangelo di oggi: Matteo 13,31-35 - Commento Papa Francesco
Commento al vangelo della IV Domenica mobile
(VI dopo l’Epifania), calendario liturgico della forma straordinaria del rito romano

Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum 13, 31-35.
In illo témpore: Dixit Iesus turbis parábolam hanc: "Símile est regnum coelórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quidem est omnibus semínibus: cum áutem créverit, maius est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres caeli véniant, et hábitent in ramis eius". Aliam parábolam locútus est eis: "Símile est regnum coelórum ferménto, quod accéptum múlier
abscóndit in farínae satis tríbus, donec fermentátum est totum". Haec ómnia locútus est Iesus in parábolas ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod díctum erat per Prophétam dicéntem: "Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi".

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 13, 31-35.
In quel tempo: Gesù disse alle turbe questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un grano di senapa che un uomo prese e seminò nel suo campo: grano che è la piú minuta di tutte le sementi, ma, cresciuta che sia, è maggiore di tutti gli erbaggi e diventa un albero: così che gli uccelli dell’aria vanno a riposare sopra i suoi rami". Un’altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna rimescola con tre staia di farina, fintanto che tutta la pasta sia fermentata". Tutte queste cose Gesú disse alle turbe in parabole: nè mai parlava loro senza parabole: affinché si adempisse quello che era stato detto dal Profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose che sono state nascoste dalla fondazione del mondo".

Più che commentare le due parabole particolari proclamate nel vangelo di oggi (commento che comunque potete trovare qui), il presente scritto vuole riflettere sulla metodologia adoperata dal Signore durante il suo insegnamento. Notiamo infatti che egli si limitava a parlare chiaramente ai soli apostoli, mentre alle folle che accorrevano per ascoltarlo era solito parlare per parabole.

Ho sentito spesso dire, anche da sacerdoti, che Gesù parlava alle masse per parabole per rendere semplici concetti di per se stessi molto complessi, ma questa visione è assurda, per almeno due ragioni. La prima (la ragione più nobile, se vogliamo) è che questa visione non è quella insegnata dalla Chiesa negli ultimi duemila anni. La seconda (che invece è quella più evidente) è che questa teoria è costantemente confutata dall'esperienza quotidiana. Le parabole, infatti, com'è ovvio che sia, hanno bisogno di essere commentate e spiegate per essere comprese: esse rappresentano dunque tutt'altro che una semplificazione della Sacra Dottrina!

Ma perché Gesù rendeva così complesso e, in qualche misura, segreto il suo insegnamento? La risposta è in realtà molto semplice: per far capire al popolo che la comprensione della verità di Dio non è una cosa scontata o dovuta, ma che bisogna santificarsi per riceverla e capirla. E' infatti necessaria la grazia di Dio.

Per questo san Paolo arriva a scrivere: "Parliamo della sapienza tra i perfetti" (2Corinzi 2, 6). Così commenta invece san Tommaso d'Aquino: "Era meglio per le folle che ascoltassero così - sotto il velo delle parabole - la dottrina delle cose spirituali, piuttosto che esserne private del tutto. Tuttavia, il Signore esponeva la verità nuda e chiara di queste parabole ai discepoli, mediante i quali potesse giungere a quelli che erano idonei, secondo il passo di 2Timoteo 2, 2: «Ciò che hai ascoltato da me davanti a molti testimoni, confidalo a uomini fedeli, che saranno idonei a insegnarlo ad altri». E questo era significato da Numeri 4, 5-15, dove si comanda ai figli d’Aronne di avvolgere i vasi del santuario, che i Leviti avrebbero dovuto portare avvolti" (Summa theologiae III, q. 42, a. 3, co.).

Gaetano Masciullo

sabato 6 novembre 2021

Che grano e zizzania crescano insieme!

Lasciate che il grano e la zizzania crescano insieme fino ...

Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum 13, 24-30.
In illo témpore: Dixit Iesus turbis parábolam hanc: Símile factum est regnum coelórum hómini, qui seminávit bonum semen in agro suo. Cum áutem dormírent hómines, venit inimícus eius, et superseminávit zizánia in médio trítici, et ábiit. Cum áutem crevísset herba, et fructum fecísset, tunc apparuérunt et zizánia. Accedéntes áutem servi patrisfamílias, dixérunt ei: Dómine, nonne bonum semen seminásti in agro tuo? Unde ergo habet zizánia? Et ait illis: Inimícus homo hoc fecit. Servi áutem dixérunt ei: Vis, imus, et collígimus ea? Et ait: Non, ne forte colligéntes zizánia, eradicétis simul cum eis et tríticum. Sínite útraque créscere usque ad messem, et in témpore messis dicam messóribus: Collígite primum zizánia, et alligáte ea in fascículos ad comburéndum, tríticum áutem congregáte in hórreum meum.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 13, 24-30.
In quel tempo: Gesù disse alle turbe questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Ma nel tempo che gli uomini dormivano, il suo nemico andò e seminò della zizzania in mezzo al grano e partì. Cresciuta poi l’erba e venuta a frutto, comparve anche la zizzania. E i servi del padre di famiglia, accostatisi, gli dissero: 'Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Da dove dunque è venuta la zizzania?'. Ed egli rispose loro: 'Qualche nemico ha fatto questo'. E i servi gli dissero: 'Vuoi che andiamo a coglierla?'. Ed egli rispose: 'No, perché cogliendo la zizzania non strappiate con essa anche il grano. Lasciate che l’uno e l’altra crescano sino alla messe e, al tempo della messe, dirò ai mietitori: Strappate per prima la zizzania e lagatela in fastelli per bruciarla e il grano raccoglietelo nel mio granaio'".

Come scrive sant'Agostino, il buon Dio, il Padre dell'umana famiglia, ha ordinato ai suoi servi - attraverso questa parabola di Cristo - di tollerare la zizzania, non di separarla. Se questo è valido nella Chiesa, che rimane la suprema autorità in questo mondo, nonostante le ideologie e le filosofie avverse e nonostante coloro che combattono il cattolicesimo addirittura da dentro la Chiesa stessa, figurarsi per gli Stati, che tante volte hanno purtroppo preteso di punire ed escludere dalla società (o addirittura dalla vita) alcune persone, per la sola ragione di aver pensato o espresso cose scomode per la politica, se non addirittura di essere in una determinata maniera.

Ci sono casi in cui non solo è possibile, ma anche doveroso, punire ed escludere dalla Chiesa. Lo stesso Cristo lo comanda in altre parti del vangelo (vedi per esempio Matteo 18, 17) e, del resto, la Chiesa cattolica ha da sempre utilizzato, per mandato divino, l'arma della scomunica verso coloro che impenitentemente si sono opposti al Vangelo. Così come la politica deve condannare, quando qualcuno viola il diritto della proprietà.

Ma questa parabola vuole formarci e istruirci su un livello differente. Essa ci indica la via giusta da seguire per quanto riguarda il nostro modo di giudicare le azioni del prossimo e, ancora prima, le sue intenzioni. Solo Dio conosce il cuore dell'uomo. Il vangelo non ci dice di non giudicare, ma di non giudicare male, "perché con la misura con cui giudicherete sarete giudicati da Dio". Altrove ci dice chiaramente: "Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!" (Giovanni 7, 24). Nel dubbio, meglio tacere: "Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno" (Giovanni 8, 15). Il Catechismo non a caso insegna che il giudizio temerario (cioè quello dato senza avere prove evidenti di quanto si sostiene) è peccato mortale contro l'ottavo comandamento (cfr. Catechismo di san Pio X, q. 450; 454).

Sant'Agostino spiega mirabilmente perché non bisogna sradicare la zizzania dalla Chiesa. Egli scrive: "tra gli uomini e le vere spighe e la zizzania corre questa differenza: quanto alle cose che sono nel campo, la spiga rimane spiga, la zizzania rimane zizzania; al contrario, nel campo del Signore, cioè nella Chiesa, chi è frumento si cambia talora in zizzania e quelli che sono zizzania si cambiano talora in frumento: poiché nessuno sa cosa avverrà domani".

Gaetano Masciullo

L'Ascensione, festa della Speranza

Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 14-20. In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit in...