Più che commentare le due parabole particolari proclamate nel vangelo di oggi (commento che comunque potete trovare qui), il presente scritto vuole riflettere sulla metodologia adoperata dal Signore durante il suo insegnamento. Notiamo infatti che egli si limitava a parlare chiaramente ai soli apostoli, mentre alle folle che accorrevano per ascoltarlo era solito parlare per parabole.
Ho sentito spesso dire, anche da sacerdoti, che Gesù parlava alle masse per parabole per rendere semplici concetti di per se stessi molto complessi, ma questa visione è assurda, per almeno due ragioni. La prima (la ragione più nobile, se vogliamo) è che questa visione non è quella insegnata dalla Chiesa negli ultimi duemila anni. La seconda (che invece è quella più evidente) è che questa teoria è costantemente confutata dall'esperienza quotidiana. Le parabole, infatti, com'è ovvio che sia, hanno bisogno di essere commentate e spiegate per essere comprese: esse rappresentano dunque tutt'altro che una semplificazione della Sacra Dottrina!
Ma perché Gesù rendeva così complesso e, in qualche misura, segreto il suo insegnamento? La risposta è in realtà molto semplice: per far capire al popolo che la comprensione della verità di Dio non è una cosa scontata o dovuta, ma che bisogna santificarsi per riceverla e capirla. E' infatti necessaria la grazia di Dio.
Per questo san Paolo arriva a scrivere: "Parliamo della sapienza tra i perfetti" (2Corinzi 2, 6). Così commenta invece san Tommaso d'Aquino: "Era meglio per le folle che ascoltassero così - sotto il velo delle parabole - la dottrina delle cose spirituali, piuttosto che esserne private del tutto. Tuttavia, il Signore esponeva la verità nuda e chiara di queste parabole ai discepoli, mediante i quali potesse giungere a quelli che erano idonei, secondo il passo di 2Timoteo 2, 2: «Ciò che hai ascoltato da me davanti a molti testimoni, confidalo a uomini fedeli, che saranno idonei a insegnarlo ad altri». E questo era significato da Numeri 4, 5-15, dove si comanda ai figli d’Aronne di avvolgere i vasi del santuario, che i Leviti avrebbero dovuto portare avvolti" (Summa theologiae III, q. 42, a. 3, co.).
Gaetano Masciullo
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