sabato 31 dicembre 2022

La Circoncisione di Cristo e la Purificazione di Maria

Ottava di Natale. La Chiesa fa memoria - nella forma straordinaria del rito romano - della circoncisione di Cristo e della purificazione della Vergine Maria.

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 2, 21.
In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur puer: vocátum est nomen eius Iesus, quod vocátum est ab Ángelo priúsquam in útero conciperétur.

Séguito del S. Vangelo secondo Luca 2, 21.
In quel tempo, dopo che furono trascorsi otto giorni, affinché il bambino fosse circonciso, fu chiamato con il nome Gesù, come era stato chiamato dall’Angelo prima di essere concepito nell'utero.

Nell'Antico Testamento, Dio ordinò al patriarca Abramo di circoncidere tutti i primogeniti maschi del popolo ebraico. Leggiamo infatti:

"Disse Dio ad Abramo: 'Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno dell'alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra di voi ogni maschio di generazione in generazione, tanto quello nato in casa come quello comperato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comperato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del membro, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza».

Genesi 17, 9-14

Questa pratica, che agli occhi dei contemporanei potrebbe sembrare barbara o dettata da mere ragioni igieniche (come spesso storici e antropologi tendono a ridurre), è il simbolo carnale dell'Antica Alleanza, trasformato con la Nuova Alleanza nel sacramento definitivo del Battesimo, del quale la circoncisione ebraica era una semplice immagine.

A differenza del Battesimo, tuttavia, la circoncisione non era un sacramento, ma un mero segno, un simbolo spirituale. Il significato spirituale della circoncisione è il seguente: la natura non è più santa, è stata corrotta dal peccato originale, che si trasmette di generazione in generazione con il concorso sessuale, ed è necessaria una doppia azione per riportare la natura al suo stato di santità originaria. Da una parte, infatti, c'è l'azione di Dio con la sua grazia, ma c'è anche l'azione dell'uomo, nella sua libertà e responsabilità.

In tal senso, la circoncisione di Cristo assume un grande valore simbolico, perché quel bambino non è un ebreo tra tanti: Gesù Cristo è colui che porta a compimento la promessa implicitamente indicata nel rito della circoncisione. Ecco perché, dopo la redenzione effettuata da Cristo sulla croce, il rito della circoncisione ha perso valore: perché la promessa indicata da quel gesto è stata portata a termine. Siamo nell'era di una nuova promessa: la resurrezione, annunciata e prefigurata nel Battesimo, che in più ha anche l'effetto reale di cancellare il peccato originale e i suoi effetti spirituali.

Questo stesso significato spirituale ci è indicato da san Tommaso d'Aquino con parole diverse: "la circoncisione - egli scrive - che si faceva tramite l’asportazione della membrana carnale del membro della generazione, significava lo spogliarsi della vecchia generazione. E da questa [generazione] vecchia siamo liberati mediante la passione di Cristo" (cfr. S.Th. III, q. 37, a. 1, ad 1). Spogliarsi della vecchia generazione significa appunto liberarsi dalla carne concepita nel peccato originale e proiettarsi verso il corpo glorioso e risorto futuro.

Oltre alla circoncisione di Cristo, la Chiesa fa memoria e medita la Purificazione di Maria al Tempio. La legge mosaica, infatti, imponeva alle donne di eseguire il seguente rito.

"Quando una donna sarà rimasta incinta e partorirà un maschio, sarà impura per sette giorni; sarà impura come nei giorni del suo ciclo mestruale. L'ottavo giorno il bambino sarà circonciso. La donna poi resterà ancora trentatré giorni a purificarsi del suo sangue; non toccherà nessuna cosa santa e non entrerà nel santuario finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. [...] Quando i giorni della sua purificazione, per un figlio o per una figlia, saranno terminati, porterà al sacerdote, all'ingresso della tenda di convegno, un agnello di un anno come olocausto e un giovane piccione o una tortora come sacrificio per il peccato. Il sacerdote li offrirà davanti al SIGNORE e farà l'espiazione per lei; così ella sarà purificata del flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna che partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi per offrire un agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni: uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio per il peccato. Il sacerdote farà l'espiazione per lei, ed ella sarà pura"

(Levitico 12, 2-4.6-8)

E' interessante notare come la famiglia di san Giuseppe e della Madonna si trovasse in quel momento in evidenti strettezze economiche, se - come ci dice l'evangelista san Luca - gli animali comprati per il sacrificio rituale furono "una coppia di tortore o di giovani colombi" (Lc 2, 24), cioè quanto prescritto dalla Legge di Mosè per coloro che non avevano mezzi per offrire un agnello, evidentemente più costoso da acquistare.

La Madonna, com'è noto (e come presumibilmente ella stessa sapeva per rivelazione privata), fu concepita esente dal peccato originale e pertanto, a rigor di logica, aveva il buon diritto di sottrarsi al rito di Purificazione (il cui significato è speculare a quello della circoncisione per il maschio). Ciononostante, così come Cristo si sottopose alla circoncisione, anche Maria volle sottoporsi alla purificazione, per mostrare obbedienza alla volontà di Dio, ma anche per prefigurare il ruolo che ella avrebbe avuto nella purificazione dell'umanità tramite il concepimento di un così grande Redentore.

Gaetano Masciullo

sabato 24 dicembre 2022

Il Prologo del Vangelo secondo Giovanni spiegato da san Tommaso d'Aquino


Giovanni Gasparro,
Salvator Mundi (2015)

Inítium S. Evangélii secundum Ioánnem 1, 1-14.
In princípio erat Verbum, et verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebrae eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quae illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot áutem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his qui crédunt in nómine eius: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis: et vídimus glóriam eius, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiae et veritátis.

Inizio del S. Vangelo secondo Giovanni 1, 1-14.
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende tra le tenebre e le tenebre non l’hanno accolta. Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Questi venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma era per rendere testimonianza alla luce. Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe. Venne nella sua casa e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome: i quali non da sangue, né da volontà di carne né da volontà di uomo, ma da Dio sono nati. E il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi: e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

L'intento principale del vangelo scritto da san Giovanni evangelista è stato quello di dimostrare la natura divina di Cristo. Il suo famoso Prologo - che la Chiesa cattolica proclama nella Messa del giorno del Santo Natale - è un compendio sublime di teologia dogmatica, per molti il primo vero "trattato" cristologico (cioé che approfondisce la natura di Gesù Cristo) della storia. San Giovanni apostolo è stato il "discepolo prediletto del Signore" (cfr. Gv 21, 10.24) (come egli stesso si definisce nel vangelo), non solo perché egli fu il più giovane dei Dodici, ma anche perché è stato il discepolo più raffinato intellettualmente e affettivamente, tanto da poter essere indicato come il primo vero devoto del Sacro Cuore di Gesù.

Il Prologo è un testo abbastanza complesso nel contenuto: oggi proveremo ad analizzarlo seguendo il commento del più grande teologo cattolico di tutti i tempi, san Tommaso d'Aquino. Il primo versetto ci parla dell'esistenza della natura divina di Gesù (che egli chiama significativamente Verbo). Alla domanda: "Gesù è Dio?", san Giovanni ci risponde affermativamente, dicendo che Cristo trascende le condizioni di tempo ("In principio era il Verbo") e di luogo ("il Verbo era presso Dio"), per poi darci la ragione di questa trascendenza, che è appunto la stessa natura divina di Cristo ("il Verbo era Dio"). Da notare che il vangelo secondo san Giovanni inizia con le stesse parole con cui inizia la Genesi ("In principio"), con la differenza che il principio di Genesi è un principio immanente, temporale, mentre il principio di Giovanni è un principio trascendente, senza tempo, innestato nell'eternità.

Notiamo poi che san Giovanni sembra ripetere subito dopo un concetto che ha appena espresso, dove scrive: "Questo era in principio presso Dio". Perché questa ripetizione? San Tommaso ci insegna che, dopo aver indicato le condizioni di tempo, di spazio e di natura, san Giovanni doveva indicare il modo dell'esistenza divina.

Per confutare l'errore in cui potevano imbattersi i primi cristiani, secondo il quale Cristo non fosse identico al Padre, ma inferiore, l'Evangelista sottolinea che è proprio "questo" (cioè il Verbo che è Dio) a essere presso Dio: cioé pur essendo identico nella natura divina, Cristo non è identico a Dio Padre, ma è solo "presso di lui", cioè unito nella volontà e nella maestà, ma distinto in quanto Persona. In questo modo, san Giovanni ci introduce al grande Mistero della Trinità.

Poi san Giovanni ci spiega perché Dio Figlio è chiamato Verbo (in greco: lògos), e la ragione è questa: "Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto". Il concetto di lògos è un concetto che proviene dalla grammatica ed equivale a quello che noi oggi chiamiamo "predicato verbale". Il lettore meno arrugginito si ricorderà dalla scuola elementare che il predicato può essere di due tipi: nominale e verbale. Il predicato nominale è semplicemente quello che unisce il soggetto a una sua qualità interna (per esempio, quando dico "la mela è rossa").

Il predicato verbale, invece, è quello che esprime una relazione tra il soggetto e qualcosa di esterno, che chiamiamo oggetto. Quando diciamo che Gesù è il "predicato verbale" di Dio, vogliamo dire che la Trinità si relaziona con il creato per mezzo di Cristo sin dalla sua creazione: tutto quello che esiste è presente nel Figlio, come in un'idea del Padre.

Pensate a un falegname che progetta un tavolo o un vasaio che progetta un'anfora. Egli ha in mente tutti i dettagli, tutte le misure, tutte le proprietà fisiche, ma finché non crea il tavolo o l'anfora, questi rimarranno soltanto idee. Nel momento in cui inizia a costruire, la prima cosa che farà sarà quella di comunicare il progetto e metterlo per iscritto. L'idea si fa verbo. Ecco perché in Genesi leggiamo che, al momento della creazione, "Dio disse". Dio dice e crea, cioè progetta e opera: allora l'idea si fa Verbo e il Verbo crea e sostiene il mondo.

Ci pensate? Gesù Cristo è il modello eterno, l'archetipo di tutto ciò che esiste: in Cristo come in un punto sono concentrate tutte le perfezioni del cosmo. Gli elementi chimici, i quanti, i minerali, le piante e le alghe, gli insetti che brulicano nella terra, i rettili e gli uccelli del cielo, le grandi bestie, gli angeli e infine gli uomini. L'uomo: questa creatura tanto nobile quanto debole a causa del peccato originale. Egli condensa in sè come un microcosmo tutte le perfezioni del creato. L'uomo ha qualcosa di simile ai minerali, ai vegetali, agli animali e persino agli angeli. E in cosa poteva incarnarsi dunque il Verbo, se non nell'essere umano, "compendio di tutte le idee divine"?

Gaetano Masciullo

Perché il Bambino Gesù doveva manifestarsi nella Notte di Natale?

San Giuseppe in adorazione del Bambino e un angelo ...

San Giuseppe e un angelo
adorano il Bambino Gesù

Inítium S. Evangélii secundum Lucam 2, 7-14.
In illo témpore: Exiit edíctum a Caésare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Haec descríptio prima facta est praéside Syriae Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Ioseph a Galilaéa de civitáte Názareth, in Iudaéam civitátem David, quae vocátur Béthlehem: eo quod esset de domo et família David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre praegnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit et reclinávit eum in praesépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce Angelus Dómini stetit iuxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in praesépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiae caeléstis, laudántium Deum, et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax in homínibus bonae voluntátis.

Inizio del S. Vangelo secondo Luca, 2, 7-14.
In quel tempo: Uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era preside della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. E avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo un grande gaudio: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in una mangiatoia. E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Il vangelo proclamato nella Notte di Natale ci parla della manifestazione di Cristo ai pastori. Il fatto che tale manifestazione sia stata annunciata da una schiera di angeli ci indica che tale manifestazione è stata espressamente voluta da Dio. Ma qual è il significato più profondo di tale avvenimento?

San Tommaso d'Aquino dedica un'intera questione del suo capolavoro, la Somma di teologia, al seguente tema: la manifestazione del neonato Gesù agli uomini. Per affrontare l'argomento in maniera esaustiva, il grande teologo domenicano affronta tre domande principali: a chi doveva manifestarsi? Perché doveva manifestarsi? E infine, con quale ordine si è manifestato?

Per quanto riguarda la prima domanda, san Tommaso chiarisce - Bibbia alla mano - che Gesù non ha voluto che questa sua necessaria manifestazione fosse rivolta a tutti gli esseri umani. Infatti, già le profezie riferivano che "Tu sei un Dio nascosto, il Santo d’Israele, il Salvatore" (Isaia 45, 15) e ancora: "Il suo volto è quasi nascosto e disprezzato" (Isaia 53, 3). Il primo punto è dunque questo: Cristo ha voluto manifestarsi solo ad alcuni uomini, non a tutti. E san Tommaso adduce ben tre ragioni di questo: primo, perché la redenzione degli uomini sulla Croce sarebbe stata impedita. Com'è possibile? In effetti, se tutti gli uomini avessero saputo al momento della sua nascita (evidentemente con un segno prodigioso) che quel Bambino era Dio, "giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1Corinzi 2, 8). Secondo, perché avrebbe sminuito il merito della fede. Infatti, la fede è l'adesione dell'intelletto (ferito dal peccato originale) alle verità rivelate, di per se stesse non evidenti, e che pure vanno credute come se fossero tali. Terzo, perché si sarebbe dubitato della sua natura umana. Molti in effetti sarebbero stati indotti a credere che un Bambino così glorioso non poteva che essere soltanto divino, ma allora tutto il mistero d'amore racchiuso nell'Incarnazione sarebbe rimasto - paradossalmente - nascosto e incomprensibile.

Queste considerazioni, d'altro canto, ci fanno capire che, se da un lato Cristo non doveva e non voleva manifestarsi a tutti gli uomini, pure non poteva nascondersi a tutti: qualcuno doveva venire a conoscenza di questo grande avvenimento che è il Natale. E' infatti nella pedagogia di Dio rivelare le cose in maniera graduale e in maniera mediata, cioé attraverso altre persone (per questo ha istituito il sacerdozio), affinché alcune cose divine possiamo conoscerle direttamente e altre con il tramite di altri. E la testimonianza sulla grandezza di Cristo dei soli Maria e Giuseppe non sarebbe stata sufficiente, perché essa avrebbe destato sospetti, essendo una testimonianza di familiari, e pertanto fu necessaria una testimonianza di estranei, che non avrebbe potuto destar sospetti, come quella di pastori perfettamente sconosciuti e probabilmente analfabeti.

Rimane dunque da risolvere l'ultima domanda. Con quale ordine si è manifestato Cristo ai pochi uomini prescelti? E perché ha stabilito questo preciso ordine? Se ci pensiamo, questo ordine viene riproposto dalla Chiesa tramite la liturgia, dalla manifestazione ai pastori (Notte di Natale) alla manifestazione ai santi Simeone e Anna nel Tempio (Ottava di Natale) alla manifestazione ai Magi (Epifania). San Tommaso risponde in maniera limpida. Dal momento che la Redenzione di Cristo è destinata a tutti gli uomini, Cristo doveva manifestare la propria nascita a uomini di tutte le condizioni. Infatti, l'Apostolo san Paolo ci ricorda che "in Cristo non c’è né maschio né femmina, né gentile né Giudeo, né schiavo né libero" (Colossesi 3, 11).

E pertanto Cristo si manifestò a ignoranti (pastori) e a sapienti (Magi), a giusti (Anna e Simeone) e a peccatori (pastori e Magi), a potenti (Magi) e a umili (pastori), a maschi (Simeone) e a femmine (Anna). E l'ordine della manifestazione è stato triplice: prima ai pastori, poi ai Magi e infine ai profeti nel Tempio di Gerusalemme. Convenientemente, i segni della manifestazione sono stati di tre tipi, perché tre sono le possibili predisposizioni dell'individuo ad accogliere la verità rivelata.

Ad alcuni infatti, a coloro che sono più lontani da Dio a causa del peccato, la verità è manifestata tramite i segni sensibili naturali, e questo è il caso della stella, che i Magi - in quanto astronomi persiani - studiarono e seguirono. Ad altri, a coloro cioé che hanno iniziato il cammino della santità, ma non sono ancora giunti a perfezione, Dio può concedere segni sensibili soprannaturali: per questo motivo, i pastori - che erano giudei e sapevano che la storia di Israele è costellata di rivelazioni angeliche - videro e sentirono parole di creature angeliche. Infine, a coloro che hanno raggiunto la giustizia della perfezione spirituale, Dio comunica direttamente tramite ispirazioni dello Spirito Santo e tale fu la manifestazione concessa ai santi Simeone e Anna nel Tempio di Gerusalemme, nell'occasione della presentazione di Gesù e della purificazione di Maria, prescritte dalla Legge.

Gaetano Masciullo

sabato 17 dicembre 2022

Gesù Signore della Storia

Basilica dei Santi XII Apostoli, Roma | Canon FDn 24mm 2.8 ...
IV Domenica di Avvento.
Commento al vangelo nella forma straordinaria del Rito romano.
La tradizione cattolico-romana porta la mente e lo spirito alla
Basilica dei Santi XII Apostoli in Roma, come quarta e ultima Stazione di Avvento.

Sequentia S. Evangélii secundum Lucam 3, 1-6.
Anno quintodécimo impérii Tibérii Caésaris, procuránte Póntio Piláto Iudaéam, tetrárcha áutem Galilaéae Heróde, Philíppo áutem fratre eius tetrárcha Ituraéae, et Trachonítidis regiónis, et Lysánia Abilínae tetrárcha, sub princípibus sacerdótum Anna et Cáipha: factum est verbum Dómini super Ioánnem, Zacharíae fílium, in desérto. Et venit in omnem regiónem Iordánis, praédicans baptísmum poeniténtiae in remissiónem peccatórum, sicut scriptum est in libro sermónum Isaíae prophétae: Vox clamántis in desérto: Paráte viam Dómini: rectas fácite sémitas eius: omnis vallis implébitur: et omnis mons, et collis humiliábitur: et erunt prava in dirécta: et áspera in vias planas: et vidébit omnis caro salutáre Dei.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 3, 1-6.
Nel quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare, quando era governatore della Giudea Ponzio Pilato, Erode tetrarca della Galilea e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della regione Traconitide e Lisania tetrarca di Abilene, quando erano sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola del Signore venne nel deserto su Giovanni, figlio di Zaccaria. E costui andò nelle terre intorno al Giordano, predicando il battesimo di penitenza in remissione dei peccati, come sta scritto nel libro del profeta Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto / preparate la via del Signore / appianate i suoi sentieri / saranno colmate tutte le valli e i monti e i colli saranno abbassati / i sentieri tortuosi saranno rettificati e quelli scabrosi appianati / e ogni uomo vedrà la salvezza di Dio".

Per la terza volta di seguito, il vangelo proclamato nella liturgia tridentina riguarda la figura di san Giovanni Battista, il "precursore" di Gesù, come spesso viene indicato, cioé colui che ne ha preparato il ministero terreno con la predicazione e la penitenza. Per questa ragione, la Chiesa ha sempre indicato il Battista come il modello dell'uomo dell'Avvento.

E' nell'anno 29 d.C. (quindicesimo anno del regno dell'imperatore Tiberio) quando il Battista iniziò il suo lavoro di predicazione. L'evangelista Luca, da medico e quindi da buon uomo di scienza, fu molto attento a fornire diversi dati sulla vita di Cristo per attestare ai suoi contemporanei la serietà, la verità e la verificabilità del suo lavoro di ricerca: ricordiamo infatti che, a differenza di san Matteo e san Giovanni, san Luca non fu un testimone diretto della vita di Cristo, ma aveva ricostruito tutta la vicenda interpellando diverse fonti, come la testimonianza di san Paolo (del quale fu discepolo, a sua volta una fonte indiretta), l'evangelista san Matteo (testimone diretto di Cristo, che scrisse il vangelo più antico dei quattro canonici) e probabilmente Maria, la madre di Cristo, chiaramente la fonte più affidabile di tutte, e chissà chi altri, le cui testimonianze gli permisero di scrivere il cosiddetto vangelo dell'infanzia, cioè i primi due capitoli, che rappresentano un unicum nei vangeli.

I riferimenti storici del vangelo devono però assumere - così come sicuramente accadeva per i cristiani del primo secolo - anche un significato spirituale, "mistagogico", come diranno i teologi successivi, cioé un significato che introduca il credente battezzato a una consapevolezza maggiore della propria fede.

Dio infatti è certamente trascendente ogni cosa: egli è cioè talmente perfetto da essere superiore, da essere oltre ogni cosa: oltre lo spazio e oltre il tempo, ma anche oltre la comprensione umana. Così si palesa Dio nell'Antico Testamento al popolo di Israele e questa è la ragione per cui egli insegna a Mosè di non prestare culto di adorazione a nessuna immagine (idolo), proprio perché raffigurare Dio significherebbe negare in qualche modo la sua trascendenza. Ma noi sappiamo anche che Gesù Cristo è l'unione tra la vera essenza divina - come diciamo nel Credo, egli è "Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero" - e la natura umana. Il trascendente incontra l'immanente in Cristo, ne fa un tutt'uno, pur mantenendo le giuste distinzioni.

Il divino scende dal Cielo (Incarnazione) per incontrare l'umano, riscattarlo, santificarlo e poi risalire di nuovo e riportarlo a sè (Ascensione). Quel Dio che non è raffigurabile è così umile che osa farsi raffigurare. L'unica possibile raffigurazione di Dio diventa quindi quella delle sue fattezze umane, quelle di Gesù Cristo, il quale diventa - come scrive san Paolo - "immagine del Dio invisibile" (nota bene: in greco la parola per indicare 'immagine' è la stessa usata per indicare 'idolo': eidolon).

Incarnandosi, Dio si manifesta anche come Signore della Storia. La storia umana è un incrocio di spazio e tempo e appare agli occhi degli uomini esclusivamente come il risultato delle proprie scelte e delle proprie azioni, tutt'al più con il concorso di altre cause minori, ma pur sempre naturali. Ma l'evento storico di cui ci parla il vangelo e che introduce alla nascita di Cristo, ossia il grande censimento che Augusto fece "di tutta la terra", ci mostra come in realtà Dio dirige in maniera segreta anche gli eventi storici, e persino gli eventi più nefasti concorrono, senza volerlo, per un bene maggiore e ineffabile.

Tutti gli uomini dell'Impero romano si mossero nelle città più vicine per farsi censire e nessuno di loro poteva sospettare che quell'atto così squisitamente politico agli occhi del mondo serviva in realtà per guidare un'oscura coppia di giudei, Maria e Giuseppe, a Betlemme, la "Casa del pane", dove secondo le profezie veterotestamentarie doveva nascere l'atteso Liberatore del genere umano.

Gaetano Masciullo

sabato 10 dicembre 2022

La gioia di annunziare il Vangelo


III Domenica di Avvento, detta in Gaudete. 
Commento al vangelo nella forma straordinaria del Rito romano. La tradizione cattolico-romana porta la mente e lo spirito alla Basilica di San Pietro in Vaticano, come terza Stazione di Avvento.

Sequéntia S. Evangélii secundum Ioánnem, 1, 19-28.
In illo témpore: Misérunt Iudaéi ab Ierosólymis sacerdótes et levítas ad Ioánnem, ut interrogárent eum: Tu quis es? Et conféssus est, et non negávit, et conféssus est: Quia non sum ego Christus. Et interrogavérunt eum: Quid ergo? Elías es tu? Et dixit: Non sum. Prophéta es tu? Et respóndit: Non. Dixérunt ergo ei: Quis es, ut respónsum demus his, qui misérunt nos? Quid dicis de teípso? Ait: Ego vox clamántis in desérto: Dirígite viam Dómini, sicut díxit Isaías prophéta. Et qui missi fúerant, erant ex Pharisaéis. Et interrogavérunt eum, et
dixérunt ei: Quid ergo baptízas, si tu non es Christus, neque Elías, neque prophéta? Respóndit eis Ioánnes, dicens: Ego baptízo in aqua: médius áutem vestrum stetit, quem vos nescítis. Ipse est, qui post me ventúrus est, qui ante me factus est: cuius ego non sum dignus ut solvam eius corrígiam calceaménti. Haec in Bethánia facta sunt trans Iordánem, ubi erat Ioánnes baptízans.

Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni, 1, 19-28.
In quel tempo: da Gerusalemme mandarono a Giovanni sacerdoti e leviti per domandargli: "Chi sei?". Ed egli riconobbe e non negò e confessò: "Non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Chi sei dunque? Elia?". E disse: "Non lo sono". "Sei il profeta?" - e rispose: "No". E allora gli dissero: "Chi sei, così che possiamo riferire a chi ci ha mandati? Cosa dici di te stesso?". Disse: "Sono una voce che grida nel deserto: 'Preparate la via del Signore', come disse il profeta Isaia". E quelli che erano stati inviati erano dei Farisei e lo interrogarono dicendo: "Come dunque battezzi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?". Giovanni rispose loro dicendo: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete, che verrà dopo di me, ma che esisteva già prima di me, cui non sono degno di sciogliere il legaccio dei calzari". Ciò avvenne in Betània oltre il Giordano, dove Giovanni stava a battezzare.

L'Avvento - come ci ricorda il colore liturgico di questo tempo forte, il viola - è un periodo dell'anno che ci invita a entrare nell'ottica della penitenza e dell'ascesi, le quali, al contrario di quanto vuole trasmetterci la mentalità mondana, non sono atteggiamenti dannosi per l'uomo, ma virtuosi. E come ogni virtù, anche la penitenza ha un vizio che le si oppone per somiglianza: penitenza infatti non vuol dire annullamento di se stessi, ma essere consapevoli dei propri limiti, delle proprie tendenze da correggere e di volere intraprendere una vita nuova e buona, all'insegna della fede, della speranza e della carità.

Per questo motivo, nel pieno dell'Avvento, la Chiesa propone la Dominica in gaudete - la "Domenica della gioia" - dal nome dell'introito (cfr. Filippesi 4, 4-6) che viene proclamato nella terza Domenica di Avvento: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte - "Gioite sempre nel Signore! Ve lo ripeto: gioite!".

Si può dunque gioire nella penitenza? La Chiesa e il Vangelo rispondono di : anzi ci dicono di più, che la gioia vera è un effetto dell'autentica penitenza. Se la frase ci sembra perversa o paradossale, è proprio perché non abbiamo compreso che cosa sia la penitenza. Confondiamo questo concetto con qualcosa di doloroso e mortificante, inevitabilmente con il cilicio e la mortificazione dei sentimenti. A volte - molto spesso, in verità - una sana penitenza prevede anche alcune mortificazioni corporali, come il digiuno e gli atti di umiltà, ma prevede sempre anche l'equilibrio e modestia. Non è un caso che l'introito già citato così prosegue, dopo aver invitato alla gioia: "La vostra modestia sia manifesta a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi per alcuna cosa, ma in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni".

"Non siate ansiosi": cioé non siate tristi. L'ansia è tra le più intense manifestazioni della tristezza e la tristezza è quella passione che nasce dall'assenza del bene desiderato. Il peccato originale ci ha tolto il Bene per eccellenza: la grazia, cioè l'amicizia di Dio. Ma Dio conosce i nostri bisogni ed Egli è misericordia perché provvede a questi anche quando non sappiamo o non possiamo meritarceli. Pertanto l'Apostolo raccomanda: "in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni".

E' questa la missione che nel vangelo è stata incarnata in maniera sublime da san Giovanni Battista. Con la sua vita austera nel deserto, fatta di solitudine, preghiera, meditazione e digiuni, egli ha incarnato quella penitenza di Avvento che prepara al Natale, cioé alla venuta di Cristo - nella propria vita e nella gloria, più che nel presepio. E il santo Battista ha incarnato anche quella gioia e quella libertà vera di cui parlavamo: "Sono una voce che grida nel deserto: 'Preparate la via del Signore', come disse il profeta Isaia". E' la gioia di annunziare il Vangelo.

Gaetano Masciullo

mercoledì 7 dicembre 2022

Cosa pensava san Tommaso d'Aquino della Concezione Immacolata di Maria?

Catena Aurea: San Tommaso d'Aquino - Preghiera alla Madonna
Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria nella II settimana di Avvento

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam 1, 26-28.
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriël a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Ioseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 1, 26-28.
In quel tempo, fu mandato da Dio l’angelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una Vergine sposata a un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei, l’angelo disse: "Ave, piena di grazia: il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne".

Il papa Pio IX proclamò infallibilmente nel 1854, con la costituzione apostolica Ineffabilis Deus, che “Maria, nel primo istante del suo concepimento, per singolare grazia di Dio, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale”. Questo significa che è certo, in base a diversi studi teologici, che i cristiani, sin dai primi secoli, sapevano di questa verità che con il tempo ha rischiato di essere dimenticata a causa di pensieri eterodossi. Già gli scismatici orientali, ad esempio, sulla fine del primo millennio, hanno ripudiato questo dogma, perché decisero di seguire un'eresia risalente al IV secolo, il semipelagianesimo, condannato già a suo tempo dalla Chiesa nel secondo Concilio di Orange del 529.

Il dogma che Pio IX ha voluto elevare a solennità della Chiesa universale ci dice che la Madonna, a differenza di tutti gli altri uomini e tutte le altre donne mai esistite sulla faccia della terra, è stata concepita senza il peccato originale e per questo si chiama Immacolata, cioè sine macula, "senza macchia". Maria, infatti, non solo è stata concepita senza contrarre il peccato originale, ma insieme a esso non ha ereditato neanche i cinque effetti del peccato: la corruzione fisica, la debolezza della volontà, l'oscurità dell'intelletto, la concupiscenza violenta, la morte alla grazia divina. Per di più, Maria - nel corso della sua vita - nonostante le numerose tentazioni subìte, non ha mai neanche contratto il peccato personale o attuale, cioé quello che si compie individualmente. Questo naturalmente ha aggiunto meriti su meriti agli occhi di Dio, tanto che oggi sappiamo che Maria è la figura di santità più potente che esista, superiore agli stessi angeli, tanto che alcuni teologi hanno osato definirla "onnipotente per grazia".

Alcuni teologi modernisti, tuttavia, per combattere il dogma dell'Immacolata concezione di Maria, sostengono che esso sia stato introdotto abbastanza recentemente nel pensiero teologico e che era estraneo, ad esempio, a diversi Dottori medievali, primo tra tutti il grande san Tommaso d'Aquino, la vetta del pensiero cattolico.

E' davvero così? In realtà, già prima di Pio IX, un altro papa si era espresso sull'argomento. Nel 1483, il papa Sisto IV aveva pubblicato la bolla Grave nimis, con la quale condannava i teologi che rinnegavano il dogma in questione (prevalentemente si trattava di teologi domenicani). Anche san Tommaso d'Aquino, soprattutto all'inizio della sua carriera di insegnante, riteneva che "la purezza di Maria fu talmente grande da essere immune dalla macchia del peccato originale e attuale” (In Sent. I, dist. 44, q. 1, a. 3, ad 3). Con il tempo poi, siccome alcuni teologi stavano sfociando nell'errore opposto, cioé insegnavano che Maria fosse
Immacolata in sé ed indipendentemente dai meriti di Gesù, san Tommaso volle ridimensionare la questione e chiarire anzitutto che Maria fu preservata dal peccato originale in virtù della Redenzione universale di Cristo (cfr. S. Th. III, q. 27, a. 2, ad 2).

San Tommaso, sulla scorta delle conoscenze scientifiche dell'epoca, di matrice aristotelica, riteneva che l'anima razionale creata da Dio si unisse al corpo soltanto tra i 40 e gli 80 giorni dopo il concepimento del feto (cfr. S. Th. III, q. 33, a. 2, ad 3), il quale risulterebbe mal disposto a ricevere l'anima prima di quel periodo. Pertanto, secondo il Dottore angelico, nessun uomo ha l'anima razionale nell'istante preciso del concepimento del corpo. Quando, dopo il periodo di gestazione minima, Dio infonde l'anima razionale nel feto, si può iniziare a parlare di persona umana a tutti gli effetti.

Conseguentemente, san Tommaso d'Aquino riteneva che, solo dopo almeno 40 giorni dal concepimento del feto, Dio infuse l'anima razionale di Maria nella sua materia. Per questo egli scrive (apparentemente contraddendosi) che "Maria fu concepita nel peccato originale", ma in quanto - secondo la tesi scientifica di san Tommaso, che oggi sappiamo essere comunque falsa - il feto di Maria non era ancora ripieno della sua anima. L’Angelico non ha però chiarito questa distinzione nel periodo intermedio della sua produzione teologica, forse perché volutamente volle evitare di pronunciarsi, visti i dibattiti del tempo sull'argomento che gettavano soltanto confusione.

E tuttavia, san Tommaso, nel periodo finale della sua vita, durante l'insegnamento presso l'Università di Napoli, sembra tornare esplicitamente alla posizione in difesa dell'Immacolata Concezione di Maria che aveva sostenuto nel periodo iniziale. Nel Compendio di Teologia, infatti, leggiamo che “la Beata Vergine Maria fu immune non solo dal peccato attuale, ma per un privilegio speciale fu mondata anche da quello originale". E ancora, nel Commento all'Ave Maria, scritto poco prima della sua morte, egli specifica: "Maria è stata concepita nel peccato originale, ma non è nata in esso. […]. Maria non è incorsa né nel peccato originale, né mortale e neppure veniale”. Quando dice che Maria è stata "concepita nel peccato", intende dire che i genitori hanno avuto concorso sessuale naturale, quello macchiato dal peccato originale, anche se l'effetto di tale concorso ha ricevuto la grazia singolare che sappiamo.

Gaetano Masciullo

sabato 3 dicembre 2022

Perché Dio si è fatto Uomo?

Basilica di Santa Croce in Gerusalemme | Turismo Roma
II Domenica di Avvento. Commento al vangelo nella forma straordinaria del Rito romano. La tradizione cattolico-romana porta la mente e lo spirito alla Basilica della Santa Croce in Roma, come seconda Stazione di Avvento.

Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum 11, 2-10.
In illo témpore: Cum audísset Ioánnes in vínculis ópera Christi, mittens duos de discípulis suis, ait illi: "Tu es, qui ventúrus es, an álium exspectámus?". Et respóndens Iesus, ait illis: "Eúntes renuntiáte Ioánni, quae audístis, et vidístis. Caeci vident, claudi ámbulant, leprósi mundántur, surdi áudiunt, mórtui resúrgunt, áuperes evangelizántur: et beátus est, qui non fúerit scandalizátus in me". Illis áutem abeúntibus, coepit Iesus dícere ad turbas de Ioánne: "Quid exístis in desértum vidére? Arúndinem vento agitátam? Sed quid exístis vidére? Hóminem móllibus vestítum? Ecce qui móllibus vestiúntur, in dómibus regum sunt. Sed quid exístis vidére? Prophétam? Étiam dico vobis: et plus quam prophétam. Hic est enim de quo scriptum est: ecce ego mitto ángelum meum ante fáciem tuam, qui praeparábit viam tuam ante te".

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 11, 2-10.
In quel tempo, non appena Giovanni, nel carcere, sentì delle opere del Cristo, mandò due suoi discepoli a chiedergli: "Sei tu quello che deve venire o attenderemo un altro?". E Gesù rispose loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete udito e visto. I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti resuscitano, i poveri sono evangelizzati: ed è beato chi non si scandalizzerà di me". Andati via quelli, Gesù incominciò a parlare di Giovanni alla folla: "Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ecco, quelli che vestono mollemente abitano nelle case dei re. Ma cosa siete andati a vedere? Un profeta? Vi dico anzi: più che un profeta. Questi in vero è colui del quale è scritto: Ecco mando il mio angelo avanti a te, affinché ti prepari la via".

L'Avvento ci invita a riflettere non semplicemente sulla nascita di Gesù, ma sul significato dell'intera vita terrena di Cristo, cioé sul motivo ultimo dell'Incarnazione divina. E' questo un punto fondamentale da capire. Molti, infatti, riducono la missione terrena di Gesù Cristo a un'esperienza di compassione, a un voler stare con gli uomini per insegnare come amare. Certamente c'è anche questa dimensione, ma essa è in secondo piano, perché la missione primaria di Cristo sulla terra è stata chiara e precisa, come ci insegna la Scrittura: riscattare l'umanità dalla macchia del peccato originale (e non a caso tra poco festeggeremo la solennità dell'Immacolata).

Tutto il resto procede da questa missione sublime. "I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti resuscitano, i poveri sono evangelizzati": questo è quello che Gesù dice di riferire a san Giovanni Battista, prigioniero in attesa del martirio, come prova che il momento tanto atteso dalla storia di Israele è finalmente giunto. Il Messia è arrivato. Questo ministero terreno, pure fondamentale, è legato alla Croce.

"Sei tu quello che deve venire o attenderemo un altro?". Questa la domanda che san Giovanni Battista fa rivolgere a Gesù tramite i suoi discepoli. E' una domanda che proviene dal cuore del popolo di Israele, ma che risuona attuale anche per le nostre singole esperienze di cristiani. Dobbiamo infatti chiederci se Cristo è già venuto definitivamente nelle nostre vite oppure stiamo attendendo qualcun'altro. Certamente Cristo, in quanto Redentore, si è incarnato per riscattare anche le nostre vite, ma non è detto che da parte degli esseri umani ci sia la stessa santa aspettativa. Le attese degli idoli sono vane. Viviamo dunque questo Avvento, questo momento di grazia, di pentimento e di perdono, non solo in vista della solennità della Natività di Nostro Signore, ma soprattutto dell'avvento di Dio nella storia: universale e personale.

Gaetano Masciullo

L'Ascensione, festa della Speranza

Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 14-20. In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit in...