L'Avvento - come ci ricorda il colore liturgico di questo tempo forte, il viola - è un periodo dell'anno che ci invita a entrare nell'ottica della penitenza e dell'ascesi, le quali, al contrario di quanto vuole trasmetterci la mentalità mondana, non sono atteggiamenti dannosi per l'uomo, ma virtuosi. E come ogni virtù, anche la penitenza ha un vizio che le si oppone per somiglianza: penitenza infatti non vuol dire annullamento di se stessi, ma essere consapevoli dei propri limiti, delle proprie tendenze da correggere e di volere intraprendere una vita nuova e buona, all'insegna della fede, della speranza e della carità.
Per questo motivo, nel pieno dell'Avvento, la Chiesa propone la Dominica in gaudete - la "Domenica della gioia" - dal nome dell'introito (cfr. Filippesi 4, 4-6) che viene proclamato nella terza Domenica di Avvento: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte - "Gioite sempre nel Signore! Ve lo ripeto: gioite!".
Si può dunque gioire nella penitenza? La Chiesa e il Vangelo rispondono di sì: anzi ci dicono di più, che la gioia vera è un effetto dell'autentica penitenza. Se la frase ci sembra perversa o paradossale, è proprio perché non abbiamo compreso che cosa sia la penitenza. Confondiamo questo concetto con qualcosa di doloroso e mortificante, inevitabilmente con il cilicio e la mortificazione dei sentimenti. A volte - molto spesso, in verità - una sana penitenza prevede anche alcune mortificazioni corporali, come il digiuno e gli atti di umiltà, ma prevede sempre anche l'equilibrio e modestia. Non è un caso che l'introito già citato così prosegue, dopo aver invitato alla gioia: "La vostra modestia sia manifesta a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate ansiosi per alcuna cosa, ma in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni".
"Non siate ansiosi": cioé non siate tristi. L'ansia è tra le più intense manifestazioni della tristezza e la tristezza è quella passione che nasce dall'assenza del bene desiderato. Il peccato originale ci ha tolto il Bene per eccellenza: la grazia, cioè l'amicizia di Dio. Ma Dio conosce i nostri bisogni ed Egli è misericordia perché provvede a questi anche quando non sappiamo o non possiamo meritarceli. Pertanto l'Apostolo raccomanda: "in ogni circostanza fate conoscere a Dio i vostri bisogni".
E' questa la missione che nel vangelo è stata incarnata in maniera sublime da san Giovanni Battista. Con la sua vita austera nel deserto, fatta di solitudine, preghiera, meditazione e digiuni, egli ha incarnato quella penitenza di Avvento che prepara al Natale, cioé alla venuta di Cristo - nella propria vita e nella gloria, più che nel presepio. E il santo Battista ha incarnato anche quella gioia e quella libertà vera di cui parlavamo: "Sono una voce che grida nel deserto: 'Preparate la via del Signore', come disse il profeta Isaia". E' la gioia di annunziare il Vangelo.
Gaetano Masciullo
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