Sequéntia sancti Evangélii secundum Lucam 2, 7-14.
In illo témpore: Maria péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit iuxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ cœléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.
Sequenza del S. Vangelo secondo Luca 2, 7-14.
In quel tempo, Maria partorì il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nella locanda. E c'erano dei pastori in quella regione, che vegliavano e custodivano il proprio gregge durante le ore della notte. Ed ecco, l'Angelo del Signore apparve di fronte a loro, e lo splendore di Dio li circondò di luce, ed essi ebbero gran timore. E l’Angelo disse loro: "Non temete: ecco, infatti, porto a voi la buona notizia di una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: perché oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore, nella città di Davide. E questo sia per voi il segno: troverete un neonato avvolto in panni e posto in una mangiatoia". E subito si raccolse con l’Angelo una moltitudine della milizia celeste, che lodava Iddio e che diceva: "Gloria nel più alto dei cieli a Dio, ed in terra pace agli uomini di buona volontà".
Questo passo del vangelo secondo san Luca, proclamato nella Messa della Notte di Natale secondo il calendario liturgico romano tradizionale, ci conduce al cuore del Mistero dell'Incarnazione, da contemplare sempre alla luce della Redenzione, che ne rappresenta il fine ultimo. Il Natale non è infatti semplicemente la celebrazione della nascita di un Bambino, ma la manifestazione dell'infinito amore di Dio che si è fatto uomo per redimere l'umanità dal peccato e per riconciliarla con il Padre.
L'Incarnazione è comprensibile solo alla luce della Croce. Dio Figlio si è fatto carne non per essere solo un maestro di morale o un esempio di bontà, come purtroppo insegnano anche tantissimi sacerdoti, ma per offrire se stesso come vittima perfetta per la salvezza del mondo, vero Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. La mangiatoia di legno dove è posto - in latino: praesepium - prefigura già il legno della Croce e il canto degli angeli si lega profeticamente al grido di vittoria sulla morte che sarà proclamato nella Risurrezione. Senza il riferimento alla Redenzione, il Natale si svuota del suo significato più profondo, diventando un evento sentimentale privo della sua autentica gioia, che scaturisce dalla consapevolezza che Dio è venuto a salvarci dal peccato e dalla morte eterna.
In questa dinamica la Vergine Santa assume un ruolo importante. Maria, Madre di Dio e quindi della Chiesa, cioé dell'umanità redenta, partecipa fin dal primo istante al Mistero del Figlio. Lei, Immacolata, cioé priva di peccato originale, comprende meglio di chiunque altro la missione redentrice di Cristo e il prezzo di questa salvezza. Il parto verginale, avvolto nella povertà della grotta, è già un preludio delle sofferenze che condividerà con il Figlio fino ai piedi della Croce. Maria non solo accoglie con fede il Mistero dell'Incarnazione, ma lo vive in una totale conformità alla volontà divina, offrendoci l'esempio perfetto della creatura che coopera con la grazia di Dio e "completa - come dirà san Paolo - nella propria carne ciò che manca alla Passione di Cristo".
Si badi bene che la scelta divina di nascere nella povertà non è un elogio della miseria materiale, ma un segno della rinuncia volontaria di Cristo, che si spoglia delle sue ricchezze per espiare i nostri peccati. La povertà di Betlemme è un invito a vivere la sobrietà, il distacco dai beni terreni e la penitenza come mezzi per conformarci a Lui. Cristo è il Re dell'universo, ma nasce povero per dimostrare che la vera ricchezza è l'intimità con Dio, e che il possesso dei beni deve sempre essere subordinato alla ricerca del Regno dei Cieli. Lui, che era perfettamente integro, espia per noi gli eccessi dell'avarizia e del possesso, l'uso smodato dei beni terreni.
La manifestazione al mondo del Mistero dell'Incarnazione segue un ordine divinamente prestabilito: ai pastori, i più umili e semplici; poi ai profeti del Tempio, rappresentanti della speranza di Israele; infine ai Magi, simbolo delle genti pagane e della sapienza umana. In queste categorie vediamo rappresentata l'intera umanità, chiamata alla salvezza in Cristo. Tuttavia, non tutti accolgono il Messia: la grotta di Betlemme è anche il segno tangibile del rifiuto di molti cuori, rappresentata dal rifiuto da parte dei proprietari della locanda. Questa locanda - lo vediamo anche in altri passi del vangelo, come per esempio nella parabola del Buon Samaritano - rappresenta la comunità dei chiamati, quindi Israele e poi la Chiesa. Israele rifiuta il Messia promesso, eppure il Messia si rivela e continua a chiamare a sè anche Israele. La salvezza è offerta a tutti, ma è accolta solo da coloro che si aprono con fede e umiltà alla grazia.
Arriva dunque l'annuncio dell'angelo ai pastori. L'Autore sacro usa il verbo greco evangelizo, che nell'antica Roma indicava la proclamazione della vittoria del re sul nemico. Qui la "buona notizia" è che Cristo, il vero Re, è nato per sconfiggere il triplice nemico: satana, la carne e il mondo. Il nemico, infatti, è trinitario come Dio perché è una scimmiottatura di Dio. Satana emula il Padre, la carne emula il Figlio, il mondo emula lo Spirito Santo. Quante volte la Chiesa recentemente ha parlato di nuova Pentecoste e rinnovamento dello Spirito pensando di riferirsi a Dio, e in realtà si piegava semplicemente alla mentalità del mondo?
La presenza dell'angelo e l'annuncio ai pastori confermano che la battaglia è già iniziata e che la vittoria finale è certa. Questa consapevolezza ci invita però a vivere il Natale non come una celebrazione statica, ma a partecipare alla lotta spirituale con la fiducia nella vittoria di Cristo, una battaglia il cui campo non è fuori, ma dentro di noi.
Infine, bisogna dire qualche parola a proposito dell'inno degli angeli. Esso proclama: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. La traduzione tradizionale sottolinea che la pace è un dono di Dio concesso a coloro che, a causa di una volontà buona, cioé diretta dalla fede, si aprono alla sua grazia. La traduzione moderna, di origine luterana, sposta l'enfasi sull'amore universale di Dio, oscurando così il ruolo della cooperazione umana con la grazia. Dio ama tutti, ma non tutti accettano il suo amore e non tutti si salvano: la pace interiore, segno della salvezza, è riservata a coloro che vivono secondo la sua volontà. Dio ama tutti perché, come dice l'Apostolo, vuole che tutti giungano alla conoscenza della verità e per essa si salvino; dire che Dio ama tutti non equivale a dire che Dio salva tutti.
L'Incarnazione di Cristo è pertanto il culmine della storia della salvezza e il preludio del sacrificio redentore. Contemplando il Mistero di Betlemme, siamo chiamati a riconoscere in quel Bambino il Salvatore che viene a liberarci dal peccato, siamo chiamati ad accogliere Maria come nostra Madre e guida, per imitare la sua umiltà e la sua obbedienza. Siamo chiamati anche ad imitare san Giuseppe, autentico modello di virilità, obbediente ai comandi del Signore, padrone della propria natura e custode di Cristo e quindi della Chiesa tutta. Solo così possiamo vivere il Natale con il cuore aperto alla vera pace, dono di Dio agli uomini di buona volontà.
Auguro a tutti voi un Santo Natale!
Gaetano Masciullo
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