sabato 24 settembre 2022

L'idropico e la Legge

 

Guarigione dell'idropico. Affresco romanico del X secolo

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 14, 1-11.

Cum intráret Iesus in domum cuiúsdam príncipis pharisaeórum sábbato manducáre panem, et ipsi observábant eum. Et ecce homo quidam hydrópicus erat ante illum. Et respóndens Iesus dixit ad legisperítos et pharisaéos, dicens: Si licet sábbato curáre? At illi tacuérunt. Ipse vero apprehénsum sanávit eum, ac dimísit. Et respóndens ad illos, dixit: Cuius vestrum ásinus, aut bos in púteum cadet, et non contínuo éxtrahet illum die sábbati? Et non póterant ad haec respondére illi. Dicébat áutem et ad invitátos parábolam, inténdens quómodo primos accúbitus elígerent, dicens ad illos: Cum invitátus fúeris ad núptias, non discúmbas in primo loco, ne forte honorátior te sit invitátus ab illo, et véniens is, qui te et illum vocávit, dicat tibi: Da huic locum: et tunc incípias cum rubóre novíssimum locum tenere. Sed cum vocátus fúeris, vade, recúmbe in novíssimo loco: ut, cum vénerit qui te invitávit, dicat tibi: Amíce, ascénde supérius. Tunc erit tibi glória coram simul discumbéntibus: quia omnis, qui se exáltat, humiliábitur: et qui se humíliat, exaltábitur.

Laus tibi, Christe

Dal Vangelo secondo Luca 14, 1-11.

Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per prendere cibo e la gente stava ad osservarlo. Davanti a lui stava un idropico. Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito curare di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole. Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Lode a te, o Cristo

Il brano del vangelo secondo Luca proclamato durante la liturgia vetus ordo della XVI Domenica dopo Pentecoste, ci mostra Gesù ospite di un capo del Sinedrio, di un fariseo importante. La gente - cioè il mondo, bisognoso di redenzione, di retta catechesi e di battesimo - stava ad osservarlo: cioè si aspettava qualcosa dal Cristo, senza sapere esattamente cosa.

Ecco dunque svolgersi la prima scena di questo brano. Mentre si dirige verso la casa del fariseo, si presenta davanti a lui un uomo idropico, cioé affetto da una malattia che causa un gonfiore esasperato nel volto e nel ventre per l'accumulo di liquidi (com'è tòpos nelle raffigurazioni dell'episodio, sin dai primi secoli). Sappiamo anche dal brano evangelico che l'episodio si svolse di sabato, giorno di riposo e inattività assoluta, così com'era imposto dalla Legge.

Dio consegna le tavole della Legge a Mosè

La domanda quindi fondamentale: «È lecito curare di sabato?». Gesù Cristo, in quanto Dio, conosceva meglio di tutti gli altri il contenuto e la necessità della Legge, che Egli stesso consegnò dall'intimità del fuoco trinitario al suo profeta Mosè. Il decalogo è anzitutto una legge morale, che cioé riguarda il rapporto dell'individuo con la propria stessa perfezione (o santità). In secondo luogo, essa stabilisce una legge sociale, cioé che detta il modo corretto con cui relazionarsi con il prossimo. I farisei e i dottori della Legge avevano eliminato di fatto il primo punto, rendendola sterile, ed esaltato il secondo.

Così facendo, la Legge perdeva il proprio fine, ossia la santificazione dell'uomo. La Legge diventava uno strumento di controllo squisitamente politico delle masse. Oggi assistiamo a un problema molto simile, anzi per certi versi più esasperato e più grave.

Più grave, perché le leggi nel nome della quale si limita il benessere e la libertà degli individui è puramente frutto della mente umana, cioé di altri individui che spesso senza alcuna competenza morale hanno stabilito cos'è bene e cos'è male per tutti.

San Beda il Venerabile | Paolo Gulisano blog
San Beda il Venerabile, monaco inglese vissuto tra VII e VIII secolo, Dottore della Chiesa

Ma l'uomo, vittima di una Legge svuotata del suo fine soprannaturale, è un uomo spiritualmente idropico. San Beda il Venerabile, grandissimo Dottore della Chiesa, così scrive a proposito: «Misticamente, l'idropico rimanda a colui che viene aggravato dal flusso di desideri carnali». E così sant'Agostino di Ippona: «Così come quanto più il malato abbonda di umori disordinati tanto più ha sete, così l'uomo quanto più è desideroso di averi che non sa usare bene tanto più li desidera ardentemente», ed è cioè schiavo di ciò che passa, di ciò che non è eterno.

Un autore non cristiano, ma che tanto ha influenzato il pensiero cattolico, Cicerone, scriveva che «nessuna azione retta, se forzata, è giusta». Quando la società costringe l'uomo al rispetto della legge solo da un punto vista formale e relazionale, di facciata, e non usa la legge morale per il miglioramento dell'individuo dall'interno, la conseguenza è semplicemente quella di reprimere i desideri dell'uomo, così come si reprimono i liquidi corporei dell'idropico, che non hanno sfogo, e causano grande sofferenza all'anima. Il Signore è venuto a sanare con il suo tocco: la Grazia.

Gaetano Masciullo

sabato 17 settembre 2022

La Chiesa di oggi è come la vedova di Naim

chiamati alla speranza: STORIA DI UNA VEDOVA, MADRE DI UN ...
Mario Minniti, Miracolo della vedova di Naim (parziale), XVII secolo, custodita oggi nel Museo Regionale di Messina
Vangelo proclamato nella XV Domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria del rito romano)

Il Signore ha sempre operato miracoli a beneficio integrale della persona umana. Egli certo guariva nel corpo, perché non possiamo santificarci se non nella nostra carne, ma desiderava ardentemente che i miracoli corporali fossero segno di qualcosa più radicale e più profondo, qualcosa di spirituale.

La vedova di Nain

E infatti i cristiani, sin dall'epoca degli apostoli e dei Padri, hanno visto nelle guarigioni e nelle resurrezioni compiute da Cristo immagini e metafore spirituali ben precise, insegnamenti perenni e moniti, indicazioni per la vita dei battezzati.

Nel vangelo proclamato nella XV Domenica dopo Pentecoste, Cristo incrocia una vedova, intenta a seppellire il suo unico figlio, ormai morto. Il Signore, quando la vede, si muove a compassione e, avvicinatosi alla bara, ordina al ragazzo di alzarsi. Subito il giovinetto si alzò e, sedutosi, si mise a parlare. E Cristo lo rese a sua madre.

In ognuno di questi aspetti, apparentemente banali, soggiace un significato spirituale. Sant'Agostino ci indica la matrice di pensiero con la quale dobbiamo leggere e interpretare l'odierno brano tratto dal vangelo secondo san Luca. Egli così scrive:

Se la risurrezione del giovane riempie di gioia la vedova sua madre, la Chiesa nostra madre gode ogni giorno vedendo risorgere spiritualmente gli uomini. Il figlio della vedova era morto della morte del corpo e gli uomini erano morti della morte dell'anima. [...] Si piangeva visibilmente per la morte del primo e non si notava affatto la morte invisibile di questi.

Agostino di Ippona, Sermo 44 de verbis Domini.

La donna di Naim, vedova e madre, rappresenta la Chiesa cattolica. Essa è madre di tutti i credenti, perché li genera a vita vera attraverso il sacramento del Battesimo, li nutre attraverso l'Eucarestia, li fascia e li cura attraverso la Riconciliazione, li educa attraverso la catechesi.

Vedova di naim | Paolo Curtaz

Ma spesso, nel corso della storia, la Chiesa si è ritrovata vedova. Sappiamo bene che lo sposo della Chiesa è lo stesso Signore Gesù. Dalla prospettiva umana, come cattolici, ci sembra - soprattutto in epoca di persecuzioni e tirannia (e questa è una di quelle epoche) - che Dio sia sordo, indifferente, noncurante delle nostre sofferenze. Ma è solo una prospettiva umana. E' la prospettiva della folla confusa e attonita che segue la vedova nel brano di san Luca. E' la prospettiva di chi non vede altro che il ragazzo pronto per essere seppellitto, una volta per tutte. E' la prospettiva del mondo, privo della speranza soprannaturale. Il figlio della vedova - unico figlio, come il Signore è unico figlio di Maria - rappresenta tutti i cristiani. Se infatti la Chiesa è vedova, cioé debole e afflitta, tutti i fedeli ne risentono e le anime si perdono, cioé muoiono spiritualmente.

Dobbiamo invece guardare la scena dalla prospettiva della folla che segue Cristo, che metaforicamente rappresenta la "Chiesa trionfante", la comunità dei beati e degli angeli, di coloro che già hanno vinto il mondo e vedono la storia in Dio. Immaginiamo la scena di questo brano: la descrizione di san Luca dà bene il senso dell'avvicinarsi graduale di Cristo alla vedova ("giunse vicino alla porta della città"). Questo movimento spaziale rappresenta il movimento di Dio nella storia. Quasi a dire: abbiate fiducia: Cristo arriverà a tempo debito!

Quando il Signore compie il miracolo, il ragazzo non si alza semplicemente, ma si siede e si mette a parlare. Questa gestualità dice poco all'uomo e alla donna del ventunesimo secolo, ma, agli uditori dell'epoca degli apostoli, trasmettono un messaggio chiaro: la dignità.

Il battezzato deve essere consapevole
della propria dignità di figlio di Dio.

Il ragazzetto si atteggia come si atteggiavano i maestri nelle sinagoghe. Seduto come se fosse in cattedra, si mette a parlare, cioè a insegnare, a testimoniare. I cristiani hanno il dovere di fronte a Dio e di fronte al mondo di testimoniare la verità. Ma per farlo, bisogna essere guariti e risorti a vita nuova, cioé rigenerati sacramentalmente, perché la testimonianza non è affare umano, non è affare naturale, ma soprannaturale.

Gaetano Masciullo

sabato 10 settembre 2022

Cos'è il Mammona dei vangeli?

 Questo commento è stato pubblicato sul blog della rettoria di Santa Toscana in Verona.

Il dio della mitologia romana Plutone, il dio dell'avarizia, era considerato figlio del dio Ade, il dio degli inferi.

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 6,24-33.
In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Nemo potest duóbus dóminis servíre: aut enim unum ódio habébit, et álterum díliget: aut unum sustinébit, et álterum contémnet. Non potéstis Deo servíre et mammónæ. Ideo dico vobis, ne sollíciti sitis ánimæ vestræ, quid manducétis, neque córpori vestro, quid induámini. Nonne ánima plus est quam esca: et corpus plus quam vestiméntum? Respícite volatília cœli, quóniam non serunt neque metunt neque cóngregant in hórrea: et Pater vester cœléstis pascit illa. Nonne vos magis pluris estis illis? Quis autem vestrum cógitans potest adiícere ad statúram suam cúbitum unum? Et de vestiménto quid sollíciti estis? Consideráte lília agri, quómodo crescunt: non labórant neque nent. Dico autem vobis, quóniam nec Sálomon in omni glória sua coopértus est sicut unum ex istis. Si autem fænum agri, quod hódie est et cras in clíbanum míttitur, Deus sic vestit: quanto magis vos módicæ fídei? Nolíte ergo sollíciti esse, dicéntes: Quid manducábimus aut quid bibémus aut quo operiémur? Hæc enim ómnia gentes inquírunt. Scit enim Pater vester, quia his ómnibus indigétis. Quǽrite ergo primum regnum Dei et iustítiam eius: et hæc ómnia adiiciéntur vobis.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 6,24-33.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Nessuno può servire due padroni. Infatti, o avrà in odio l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e non farà caso all’altro. Non potete servire Dio e mammona. Perciò vi dico: non preoccupatevi di quello che mangerete né di che vi vestirete: l’anima non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo, che non seminano e non mietono, non accumulano nei granai e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete più di quelli? Chi di voi, angustiandosi, può allungare di un palmo la sua vita? E perché mai siete preoccupati per i vostri vestiti? Guardate come crescono i gigli del campo: eppure non lavorano né filano. Tuttavia, vi dico che neppure Salomone, nello splendore della sua gloria, fu mai vestito come uno di essi. Ora, se Dio veste così l’erba del prato, che oggi esiste e domani sarà gettata nel fuoco, quanto maggiormente voi, o uomini di poca fede? Non siate dunque preoccupati dicendo: che mangeremo o che berremo o di che ci vestiremo? Sono i gentili che cercano queste cose. Mentre il Padre vostro sa che voi avete bisogno di tutto ciò. Cercate prima, quindi, il regno di Dio e la sua giustizia e ogni altra cosa vi verrà data in più.

Il Signore, nel vangelo proclamato, pone il cattolico dinanzi a una scelta netta: si è con Dio oppure con mammona. Non c'è una terza via. Bisogna però capire cosa significa il nome "mammona".

Mammona è, secondo la tradizione religiosa cananea, il nome di un demone. Solitamente si dice che è il demone della ricchezza, ma più precisamente è il demone legato all'accumulo disonesto della ricchezza e al suo uso smodato. Quindi, più che il dio del denaro, Mammona è il dio del lusso e dell'avarizia.

Raffigurazione di Mammona, fatta dall'artista francese Louis Le Breton (1818-1866).

Come abbiamo già detto in altre occasioni, infatti, l'etica cattolica insegna che il denaro per se stesso (come tutti i mezzi umani) non è nè buono nè cattivo. La bontà e malizia etica dipendono dall'uso che si fa del denaro stesso o dal modo con cui lo si è procurato.

Più generalmente, però, Mammona indica ogni forma di attaccamento alle cose materiali. Non solo i soldi, dunque, ma qualunque cosa terrena può schiavizzare il cuore dell'uomo, cioé la sua volontà. E l'analisi di Nostro Signore è molto esplicita a tale riguardo. Qualcuno può illudersi di servire Dio, anche se il principale obiettivo della sua vita è un altro: vivere nel lusso, ambire al potere politico, darsi alla bella vita. Invece, dicendo che «o si affezionerà all'uno e non farà caso all'altro», Gesù ci dice di dare chiare priorità alla nostra vita.

In questo brano del vangelo, Gesù condanna in maniera esplicita il consumismo.

Attenzione: ricchezza e consumismo non sono necessariamente collegati, come una certa demagogia vorrebbe far credere da qualche secolo a questa parte. Il consumismo è l'atteggiamento compulsivo per cui l'essere umano ricerca la propria felicità nelle merci acquistate, così che, appena esce un nuovo iPhone o un nuovo vestito griffato, subito l'individuo avverte l'esigenza di rinnovare il catalogo dei propri averi per sentirsi felice. Ma è una felicità falsa, effimera, che lascia subito un vuoto radicale nell'anima.

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Un grande papa: Leone XIII

Cristo dice: «Non preoccupatevi di quello che mangerete o di come vestirete: l'anima non vale più del cibo e il corpo più del vestito?». Con questo, non vuole dirci che dobbiamo vivere senza curarci dei mezzi necessari per sostentarci, ma di essere moderati e soprattutto di affidarci alla Provvidenza.

Per questo, Cristo prosegue a dire: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e ogni altra cosa vi sarà data in più». La terapia all'atteggiamento malato del consumismo è l'etica del risparmio, che la Chiesa cattolica ha sempre raccomandato, in maniera particolare negli ultimi secoli di dottrina sociale, a cominciare dalle grandi encicliche di Leone XIII.

Se uno mette al primo posto la ricerca della Verità e la crescita nella grazia, di conseguenza ricercherà e userà anche i mezzi materiali in maniera tali da metterli al servizio della giustizia del regno, cioé a maggiore gloria di Dio e per il bene del prossimo. E il Signore provvederà, secondo meriti e bisogni, in misure che noi ignoriamo, perché conosce le intenzioni di ognuno.

Gaetano Masciullo

sabato 3 settembre 2022

Cos'è la lebbra dell'anima?

 

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam 17,11-19
In illo témpore: Dum iret Iesus in Ierúsalem, transíbat per médiam Samaríam et Galilǽam. Et cum ingrederétur quoddam castéllum, occurrérunt ei decem viri leprósi, qui stetérunt a longe; et levavérunt vocem dicéntes: Iesu præcéptor, miserére nostri. Quos ut vidit, dixit: Ite, osténdite vos sacerdótibus. Et factum est, dum irent, mundáti sunt. Unus autem ex illis, ut vidit quia mundátus est, regréssus est, cum magna voce magníficans Deum, et cecidit in fáciem ante pedes eius, grátias agens: et hic erat Samaritánus. Respóndens autem Iesus, dixit: Nonne decem mundáti sunt? et novem ubi sunt? Non est invéntus, qui redíret et daret glóriam Deo, nisi hic alienígena. Et ait illi: Surge, vade; quia fides tua te salvum fecit.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 17,11-19
In quel tempo, recandosi Gesù a Gerusalemme, attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli corsero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono distanti e, alzando la voce, esclamarono: "Gesù, Maestro, abbi pietà di noi". E come Egli li vide, disse: "Andate, mostratevi ai sacerdoti". Ora avvenne che, mentre andavano, furono mondati. Ma uno di quelli, come vide che era guarito, tornò indietro, lodando Dio a gran voce, e cadde con la faccia a terra ai piedi di Gesù, ringraziandolo: e costui era un samaritano. Allora Gesù, rispondendo, disse: "Non ne sono stati guariti dieci? E i nove dove sono? Non è stato trovato chi tornasse indietro e desse gloria a Dio, se non questo straniero". E gli disse: "Alzati, va, poiché la tua fede ti ha reso salvo".

Anche il vangelo di questa XIII Domenica dopo Pentecoste ci presenta la figura di un samaritano.

Stavolta, però, non siamo all'interno di una parabola, ma di un incontro reale che Gesù vive con dieci lebbrosi, uno di questi appunto proveniente dalla Samaria.

I Padri della Chiesa ci insegnano a leggere anche i resoconti storici narrati nel vangelo - come quello che stiamo commentando adesso - secondo i "quattro sensi" indicati da Origene: letterale o storico, metaforico, morale, e anagogico o escatologico.

Come nella parabola di domenica scorsa, anche oggi leggiamo un riferimento geografico non casuale: Gesù si recava a Gerusalemme e, per farlo, attraversava la Samaria e la Galilea. Analizziamo il significato anagogico e allegorico, aldilà della necessità spaziale. Se la Città Santa rappresentava per gli ebrei prima e per i cristiani poi la mèta spirituale, la perfezione dell'uomo nuovo redento da Cristo, le altre regioni rappresentano una condizione di scarto, di rifiuto, ma anche di peccaminosità e di vizio. La Samaria era abitata da ebrei paganeggianti, ma anche la Galilea - dove Gesù aveva vissuto a lungo, a Nazareth - era malvista dai giudei. Anche molti galilei infatti praticavano una versione alterata del giudaismo, attingendo diversi elementi stranieri delle religioni nabatee.

Durante il passaggio di Gesù "in mezzo" a queste due regioni, come a rappresentare il passaggio di Dio in mezzo alla miseria della condizione umana, ecco che un gruppo di dieci lebbrosi si fa avanti.

Secondo la Legge mosaica, l'uomo lebbroso era un uomo impuro che andava isolato insieme ai suoi simili, lontano dalla città. Qualora l'uomo fosse guarito, la prescrizione divina voleva che questi si recasse dai sacerdoti in Gerusalemme, affinché fosse oggettivamente constatata la guarigione, per poi offrire a Dio un sacrificio di ringraziamento.

L'episodio narrato oggi nel vangelo - se leggiamo attentamente con l'occhio della Fede - è in realtà la descrizione e l'attuazione di questo precetto mosaico, che tuttavia va al di là del suo mero senso sociale e penetra il senso morale e allegorico. Infatti, la lebbra diventa il simbolo del peccato.

La lebbra è contagiosa: anche il peccato è contagioso, perché il nostro cattivo esempio influenza il prossimo ad agire male. E infatti non si presenta a Gesù un solo lebbroso, ma dieci lebbrosi, e il dieci è il numero del compimento, della perfezione. L'umanità incontrata da Gesù è un'umanità completa nel peccato.

La lebbra uccide lentamente: anche il peccato, pur uccidendo immediatamente la grazia di Dio in noi quando è commesso in maniera grave, non sempre dà all'uomo che lo compie la sensazione di aver commesso un atto maligno. Anzi, più spesso dà all'uomo un'impressione di piacere, di sollievo, persino di benessere. Dopo un po', tuttavia, i suoi effetti iniziano a sentirsi e il piacere lascia spazio all'inquietudine, alla noia, alla mancanza di senso.

La lebbra consuma la carne: anche il peccato corrode e distrugge ciò che ci nobilita e ci rende simili a Dio che ci ha creato. Gli abiti virtuosi dell'anima vengono lentamente spazzati via dalle pratiche cattive, così che dentro di noi rimangono solo abiti viziosi, origine di altri vizi.

L'umanità dunque - rappresentata dai dieci lebbrosi - riconosce in Gesù il Redentore. Il nome Gesù significa "salvatore": in quale altro nome possiamo infatti ottenere la salvezza dal peccato?

L'ordine che Gesù dà ai lebbrosi è chiaro: "Andate dai sacerdoti". Quegli uomini vengono guariti dalla lebbra, ma nessuno di loro si ferma per tornare indietro da Gesù, a parte il lebbroso samaritano. La Legge mosaica imponeva ai lebbrosi guariti di mostrarsi ai sacerdoti, ma qui l'evangelista ci sta suggerendo qualcosa di più grande: l'unico lebbroso che è andato davvero a mostrarsi a un sacerdote è stato proprio quel samaritano!

Gesù Cristo è il Sacerdote, inviato da Dio a sanare l'uomo. In questa presa di consapevolezza da parte del lebbroso samaritano, cioè che Gesù Cristo è il Messia promesso da Dio a Israele, "Colui che toglie portando su di sè il peccato del mondo", consiste la Fede che Gesù loda e che - Egli dice - "lo ha salvato".

Dobbiamo fare un'ultima considerazione. Se è vero che i dieci lebbrosi rappresentano l'umanità del peccato, se è vero che Gesù Cristo è venuto nel mondo per offrire a tutti la salvezza, è anche vero che non tutti sono quelli che accettano questo sacrificio divino. Anzi, le proporzioni del vangelo sono drastiche: solo un uomo su dieci è stato in grado di vedere in Gesù il sacerdote della Legge.

"La porta del Regno è stretta", ci avvisa il Signore in un altro passo evangelico. Cerchiamo allora di prendere consapevolezza della nostra condizione di lebbrosi guariti, e di camminare con Cristo sulla strada verso Gerusalemme.

Gaetano Masciullo

L'Ascensione, festa della Speranza

Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 14-20. In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit in...