L'intento principale del vangelo scritto da san Giovanni evangelista è stato quello di dimostrare la natura divina di Cristo. Il suo famoso Prologo - che la Chiesa cattolica proclama nella Messa del giorno del Santo Natale - è un compendio sublime di teologia dogmatica, per molti il primo vero "trattato" cristologico (cioé che approfondisce la natura di Gesù Cristo) della storia. San Giovanni apostolo è stato il "discepolo prediletto del Signore" (cfr. Gv 21, 10.24) (come egli stesso si definisce nel vangelo), non solo perché egli fu il più giovane dei Dodici, ma anche perché è stato il discepolo più raffinato intellettualmente e affettivamente, tanto da poter essere indicato come il primo vero devoto del Sacro Cuore di Gesù.
Il Prologo è un testo abbastanza complesso nel contenuto: oggi proveremo ad analizzarlo seguendo il commento del più grande teologo cattolico di tutti i tempi, san Tommaso d'Aquino. Il primo versetto ci parla dell'esistenza della natura divina di Gesù (che egli chiama significativamente Verbo). Alla domanda: "Gesù è Dio?", san Giovanni ci risponde affermativamente, dicendo che Cristo trascende le condizioni di tempo ("In principio era il Verbo") e di luogo ("il Verbo era presso Dio"), per poi darci la ragione di questa trascendenza, che è appunto la stessa natura divina di Cristo ("il Verbo era Dio"). Da notare che il vangelo secondo san Giovanni inizia con le stesse parole con cui inizia la Genesi ("In principio"), con la differenza che il principio di Genesi è un principio immanente, temporale, mentre il principio di Giovanni è un principio trascendente, senza tempo, innestato nell'eternità.
Notiamo poi che san Giovanni sembra ripetere subito dopo un concetto che ha appena espresso, dove scrive: "Questo era in principio presso Dio". Perché questa ripetizione? San Tommaso ci insegna che, dopo aver indicato le condizioni di tempo, di spazio e di natura, san Giovanni doveva indicare il modo dell'esistenza divina.
Per confutare l'errore in cui potevano imbattersi i primi cristiani, secondo il quale Cristo non fosse identico al Padre, ma inferiore, l'Evangelista sottolinea che è proprio "questo" (cioè il Verbo che è Dio) a essere presso Dio: cioé pur essendo identico nella natura divina, Cristo non è identico a Dio Padre, ma è solo "presso di lui", cioè unito nella volontà e nella maestà, ma distinto in quanto Persona. In questo modo, san Giovanni ci introduce al grande Mistero della Trinità.
Poi san Giovanni ci spiega perché Dio Figlio è chiamato Verbo (in greco: lògos), e la ragione è questa: "Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è stato fatto". Il concetto di lògos è un concetto che proviene dalla grammatica ed equivale a quello che noi oggi chiamiamo "predicato verbale". Il lettore meno arrugginito si ricorderà dalla scuola elementare che il predicato può essere di due tipi: nominale e verbale. Il predicato nominale è semplicemente quello che unisce il soggetto a una sua qualità interna (per esempio, quando dico "la mela è rossa").
Il predicato verbale, invece, è quello che esprime una relazione tra il soggetto e qualcosa di esterno, che chiamiamo oggetto. Quando diciamo che Gesù è il "predicato verbale" di Dio, vogliamo dire che la Trinità si relaziona con il creato per mezzo di Cristo sin dalla sua creazione: tutto quello che esiste è presente nel Figlio, come in un'idea del Padre.
Pensate a un falegname che progetta un tavolo o un vasaio che progetta un'anfora. Egli ha in mente tutti i dettagli, tutte le misure, tutte le proprietà fisiche, ma finché non crea il tavolo o l'anfora, questi rimarranno soltanto idee. Nel momento in cui inizia a costruire, la prima cosa che farà sarà quella di comunicare il progetto e metterlo per iscritto. L'idea si fa verbo. Ecco perché in Genesi leggiamo che, al momento della creazione, "Dio disse". Dio dice e crea, cioè progetta e opera: allora l'idea si fa Verbo e il Verbo crea e sostiene il mondo.
Ci pensate? Gesù Cristo è il modello eterno, l'archetipo di tutto ciò che esiste: in Cristo come in un punto sono concentrate tutte le perfezioni del cosmo. Gli elementi chimici, i quanti, i minerali, le piante e le alghe, gli insetti che brulicano nella terra, i rettili e gli uccelli del cielo, le grandi bestie, gli angeli e infine gli uomini. L'uomo: questa creatura tanto nobile quanto debole a causa del peccato originale. Egli condensa in sè come un microcosmo tutte le perfezioni del creato. L'uomo ha qualcosa di simile ai minerali, ai vegetali, agli animali e persino agli angeli. E in cosa poteva incarnarsi dunque il Verbo, se non nell'essere umano, "compendio di tutte le idee divine"?
Gaetano Masciullo
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