sabato 16 settembre 2023

Quando la Legge rigonfia l'anima


Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam 14, 1-11.

In illo témpore: Cum intráret Iesus in domum cuiúsdam príncipis pharisæórum sábbato manducáre panem, et ipsi observábant eum. Et ecce, homo quidam hydrópicus erat ante illum. Et respóndens Iesus dixit ad legisperítos et pharisǽos, dicens: Si licet sábbato curáre? At illi tacuérunt. Ipse vero apprehénsum sanávit eum ac dimísit. Et respóndens ad illos, dixit: Cuius vestrum ásinus aut bos in púteum cadet, et non contínuo éxtrahet illum die sábbati? Et non póterant ad hæc respóndere illi. Dicebat autem et ad invitátos parábolam, inténdens, quómodo primos accúbitus elígerent, dicens ad illos: Cum invitátus fúeris ad núptias, non discúmbas in primo loco, ne forte honorátior te sit invitátus ab illo, et véniens is, qui te et illum vocávit, dicat tibi: Da huic locum: et tunc incípias cum rubóre novíssimum locum tenére. Sed cum vocátus fúeris, vade, recúmbe in novíssimo loco: ut, cum vénerit, qui te invitávit, dicat tibi: Amíce, ascénde supérius. Tunc erit tibi glória coram simul discumbéntibus: quia omnis, qui se exáltat, humiliábitur: et qui se humíliat, exaltábitur.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 14, 1-11.

In quel tempo, essendo Gesù entrato in giorno di sabato nella casa di uno dei principali farisei per prendere cibo, questi lo osservavano. Ed ecco che un idropico gli stava davanti. E Gesù prese a dire ai dottori della legge e ai Farisei: "È lecito o no risanare in giorno di sabato?". Ma quelli tacquero. Ed egli, toccatolo, lo risanò e lo rimandò. E disse loro: "Chi di voi, se gli è caduto un asino o un bue nel pozzo, non lo trae subito fuori in giorno di sabato?" E a tali cose non potevano replicargli. Osservando come i convitati scegliessero i primi posti, prese a dir loro questa parabola: "Quando sei invitato a nozze, non metterti al primo posto, perché potrebbe darsi che una persona più ragguardevole di te sia stata pure invitata, e allora quegli che ha invitato te e lui può venire a dirti: Cedigli il posto. E allora occuperai con vergogna l’ultimo posto. Ma quando sarai invitato, va a metterti all’ultimo posto, affinché, venendo chi ti ha invitato, ti dica: Amico, vieni più avanti. Allora ne avrai onore presso tutti i convitati: perché chiunque si innalza, sarà umiliato, e chi si umilia, sarà innalzato".

Tutta la sequenza evangelica proclamata dalla Chiesa in occasione della XVI Domenica dopo Pentecoste ruota intorno al concetto della Legge. Non è un caso, infatti, che l'evangelista specifichi che questo episodio sia avvenuto di sabato, perché proprio il sabato era per gli antichi giudei il giorno della Legge, tanto da divenire nel linguaggio comune sinonimo di Legge. Si pensi ad esempio quando Gesù dice: "il sabato è per l'uomo" (Mc 2, 27), per dire che la Legge è per l'uomo. 

I Padri della Chiesa ci insegnano che tutti i miracoli corporei di cui i vangeli ci parlano vanno letti sotto una prospettiva mistica e spirituale. L'idropisia è una malattia che presenta un gonfiore nel volto e nel ventre a causa di liquidi che non vengono sfogati, e questo gonfiore causa nell'individuo una sete costante, che non può essere placata. A livello spirituale, dunque, l'idropico rappresenta l'uomo che non è rigonfio a causa dei desideri disordinati, che gli danno costantemente sete di piacere, senza però poterla mai soddisfare. 

In altre parole, potremmo dire che l'idropico spirituale è l'uomo represso, mentre la Legge che il Signore ha donato all'uomo - il Decalogo - serve a rendere l'uomo padrone di se stesso e dei propri desideri. Tutti i desideri umani e i piaceri terreni sono validi, buoni e proficui se vengono ordinati al sommo bene che è Dio. Quando non c'è quest'ordine, i desideri terreni creano gonfiore spirituale e sofferenza, proprio come avviene nell'idropico. Solo Gesù è capace di donare l'acqua spirituale che disseta, cioè la sua grazia: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva" (Gv 4, 10). 

I farisei - notiamo bene: questo episodio di guarigione avviene a casa di uno dei principi dei farisei - avevano negato alla Legge di Mosè il suo fine soprannaturale, cioè quello di guidare l'uomo alla perfezione della santità dall'interiorità dell'uomo, non dai suoi rapporti esterni e sociali. Il Signore Gesù è tornato spesso, durante il suo ministero terreno, su questo aspetto. Il capitolo 5 del vangelo secondo Matteo, per esempio, è tutto incentrato su questo insegnamento, la necessità cioè di vivere la Legge nel proprio cuore, ancor prima che in società: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti, non son venuto ad abolire, ma a completare. [...] Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete ascoltato come fu detto agli antichi: 'Non uccidere, e chiunque avrà ucciso sarà condannato in giudizio'; ma io vi dico: chiunque si adira col suo fratello sarà condannato in giudizio." (Mt 5, 17.20-22).

Oggi certune autorità nella Chiesa cattolica rischiano di assumersi un rischio e una colpa analoghi a quella dei farisei dell'epoca di Cristo. La dottrina sembra essere quasi ridotta del tutto a una dimensione di "giustizia sociale" (come si dice), dimenticando che il messaggio di Dio all'uomo è anzitutto un messaggio destinato al cuore della persona, a una guarigione che dall'interno dell'anima porta al cammino di perfezionamento che prende nome di santità. Non è possibile insegnare la bontà all'uomo imponendogli un modo di vivere comunitario, se prima non si trasmette una legge del cuore: "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!" (Mt 15, 11).

La seconda parte di questa sequenza di vangelo, apparentemente distinta dall'episodio di guarigione, in realtà è intimamente unita a esso non solo per una questione di contesto (il tutto avviene a casa di un fariseo). Il Signore, tramite la parabola che qui ci espone, vuole indicarci il metodo con cui guarire dall'idropisia spirituale, ovviamente sostenuti dal suo tocco di grazia: la virtù dell'umiltà. Tutta la nostra vita è sotto l'osservazione attenta e amorosa della Provvidenza divina. Non temiamo dunque di rischiare di perdere valore dinanzi agli occhi del mondo se non ci sediamo ai primi posti per mostrare la nostra bravura e le nostre presunte eccellenze. Dio ci conosce meglio di quanto noi possiamo conoscere noi stessi. Umiltà significa anche, tra le altre cose, lasciare guidare la propria vita dalla volontà di Dio, che sa esaltare a tempo opportuno (cfr. 1Pt 5, 6).

Gaetano Masciullo

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