sabato 15 luglio 2023

Quali sono i buoni frutti di cui parla Gesù?


Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 7, 15-21

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Atténdite a falsis prophétis, qui véniunt ad vos in vestiméntis óvium, intrínsecus autem sunt lupi rapáces: a frúctibus eórum cognoscétis eos. Numquid cólligunt de spinis uvas, aut de tríbulis ficus? Sic omnis arbor bona fructus bonos facit: mala autem arbor malos fructus facit. Non potest arbor bona malos fructus fácere: neque arbor mala bonos fructus fácere. Omnis arbor, quæ non facit fructum bonum, excidétur et in ignem mittétur. Igitur ex frúctibus eórum cognoscétis eos. Non omnis, qui dicit mihi, Dómine, Dómine, intrábit in regnum cœlórum: sed qui facit voluntátem Patris mei, qui in cœlis est, ipse intrábit in regnum cœlórum.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 7, 15-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Fate attenzione ai falsi profeti, che vengono a voi sotto l’aspetto di pecore, ma che nell’intimo sono lupi rapaci: li riconoscerete dai loro frutti. Forse qualcuno raccoglie l’uva dalle spine o il fico dai rovi? Così ogni albero buono dà buoni frutti; mentre l’albero cattivo dà frutti cattivi. Non può l’albero buono produrre frutti cattivi, né l’albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che dà frutti cattivi sarà tagliato e gettato nel fuoco. Dunque, dai loro frutti li riconoscerete. Non chiunque mi dirà: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, questi entrerà nel regno dei cieli".

Nel brano di vangelo proclamato quest'oggi, Nostro Signore si rivolge in maniera particolare e anzitutto agli apostoli, cioè ai sacerdoti e ai vescovi della Chiesa, con un monito molto importante: "fate attenzione ai falsi profeti". Interessante notare come il Signore non stia mettendo in guardia la Chiesa docente dai falsi maestri, cioè da coloro che interpretano in maniera errata la Parola di Dio, ma dai falsi profeti, cioè da coloro che dichiarano di parlare per conto di Dio, ma che in realtà agiscono per conto di Satana. 

Infatti, san Pietro bene distingue queste due categorie nella sua prima lettera: "Vi furono però tra il popolo anche falsi profeti, come pure tra voi ci saranno dei falsi maestri, i quali introdurranno sette di perdizione e rinnegheranno quel Signore che li ha riscattati, tirandosi addosso una pronta perdizione" (1Pietro 2,1).

All'epoca di Gesù, sicuramente il pensiero era rivolto ai farisei, che sedevano sulla cattedra di Mosè ma abusavano della Legge, ma l'evangelista Matteo - mentre metteva per iscritto queste parole - sicuramente aveva ormai in mente i tanti eresiarchi che si erano insediati nella stessa Chiesa, in particolare i capi delle varie chiese gnostiche, che si presentavano al popolo come cristiani, eppure rinnegavano nelle parole e nelle opere il vangelo di Cristo. San Pietro aveva fatto un'esperienza diretta e tutta particolare di questa realtà, quando dovette confrontarsi con Simon Mago, il capostipite di tutte le sette gnostiche, come leggiamo negli Atti degli apostoli, che non a caso si chiama Simone, proprio come il primo papa. Possiamo dire che Simon Mago è stato a tutti gli effetti il primo anti-papa.

Interessante tuttavia analizzare il metodo di discernimento che Gesù suggerisce in questo brano di vangelo. Anzitutto, Gesù ci dice che i falsi profeti vengono vestiti con pelli di pecora. Questa infatti è la traduzione corretta sia dal greco sia dal latino: "sotto vestiti di pecora". In questo modo, Gesù ci dice che i falsi profeti sono soliti professare semplicità, povertà e cordialità, e mitezza. Ma la Chiesa è chiamata a vedere oltre, a discernere per capire cosa si nasconde sotto quelle vesti: essi sono "lupi rapaci". L'aggettivo usato in greco dall'evangelista Matteo - àrpaghes - indica una doppia voracità: sia di colui che è violento, del lupo che divora le proprie prede, sia di colui che è avido, che vuole derubare il prossimo per arricchire se stesso. Dunque c'è questa doppia finalità nel falso profeta: egli vuole arricchire se stesso, non solo di denaro e di beni terreni, ma anche di vanagloria, e poi - forse inconsciamente - egli vuole uccidere l'anima, cioè dannare coloro che vengono ingannati.

Ma come fare per vedere oltre le vesti di pecora? Ecco che Gesù ci indica il metodo: aspettare, e analizzare con molta attenzione i frutti, cioè le opere di costoro e i loro effetti. Il Signore afferma che un albero buono - cioè un'anima innestata in Dio - non può dare frutti cattivi, mentre un albero cattivo - etimologicamente in greco: "marcio" - non può dare frutti buoni - etimologicamente in greco: "belli a vedersi".

Eppure, come nota anche san Girolamo, leggiamo nella Scrittura che Mosè, considerabile certamente come un "albero buono", peccò nei pressi dell'acqua della contraddizione; san Pietro, durante la Passione, rinnegò Cristo; e il suocero di Mosè, che non credeva nel Dio d'Israele, diede a Mosè un buon consiglio. Come si spiega questa apparente contraddizione? Anche la filosofia e la logica ci insegnano che da ciò che è vero e buono possono seguire soltanto cose altrettanto vere e buone, ma da cose false e cattive possono seguire cose cattive ma anche cose buone. In fondo, è questo il segreto della Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal male, e che sa scrivere anche sulle righe storte, come si dice popolarmente.

Però qui Gesù sembra dirci il contrario: un albero cattivo non può produrre frutti buoni. Questo perché il Signore non sta parlando di frutti buoni generici, ma di particolari conseguenze che solo un animo buono, cioè ripieno della grazia di Dio, può produrre. San Paolo ci avvisa chiaramente: "come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità a scopo di malizia, così ora offrite le vostre membra per servire alla giustizia a scopo di santificazione. Infatti, quando eravate schiavi del peccato, non potevate servire alla giustizia" (Romani 6, 19-20). Allora i frutti di cui ci parla Gesù sono i frutti di cui ci parla san Paolo, e il quale non a caso usa la stessa parola: "frutto dello Spirito è la carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mansuetudine, la fedeltà, la modestia, la continenza, la castità" (Galati 5, 22-23). 

Allo stesso modo, san Paolo ci elenca i frutti cattivi con cui possiamo riconoscere sicuramente i falsi profeti: "Si riconoscono facilmente le opere della carne, che sono la fornicazione, l'impurità, l'impudicizia, la lussuria, l'idolatria, i venefici, le inimicizie, le contese, le gelosie, le ire, le risse, le discordie, le sette, le invidie, gli omicidi, le ubriachezze, le gozzoviglie, ed altre simili cose, riguardo alle quali vi avverto, come vi ho già avvertiti, che chi fa tali cose non conseguirà il regno di Dio" (Galati 5, 19-21).

Questi sono i frutti buoni di cui ci parla il Signore, e non è possibile che un falso profeta manifesti questi frutti, perché non c'è lo Spirito Santo in lui. Per distinguere i veri dai falsi profeti, dunque, basterà analizzare la persona in rapporto a questi frutti: se manca anche uno solo di essi, ecco che abbiamo la prova, la dimostrazione che egli parla non per conto di Dio, ma per conto del proprio ego, e quindi di Satana.

Gaetano Masciullo

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