sabato 13 maggio 2023

Chiedete lo Spirito Santo, e la vostra gioia sarà completa

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Ioánnem 16, 23-30

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Amen, amen, dico vobis: si quid petiéritis Patrem in nómine meo, dabit vobis. Usque modo non petístis quidquam in nómine meo: Pétite, et accipiétis, ut gáudium vestrum sit plenum. Hæc in provérbiis locútus sum vobis. Venit hora, cum iam non in provérbiis loquar vobis, sed palam de Patre annuntiábo vobis. In illo die in nómine meo petétis: et non dico vobis, quia ego rogábo Patrem de vobis: ipse enim Pater amat vos, quia vos me amástis, et credidístis quia ego a Deo exívi. Exívi a Patre et veni in mundum: íterum relínquo mundum et vado ad Patrem. Dicunt ei discípuli eius: Ecce, nunc palam loquéris et provérbium nullum dicis. Nunc scimus, quia scis ómnia et non opus est tibi, ut quis te intérroget: in hoc crédimus, quia a Deo exísti.

Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni 16, 23-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, ve la concederà. Fino adesso non avete chiesto nulla nel mio nome: chiedete, e otterrete, affinché la vostra gioia sia completa. Vi ho detto queste cose per mezzo di parabole. Ma viene il tempo in cui non vi parlerò più per mezzo di parabole, ma vi parlerò apertamente del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome, e non vi dico che io pregherò il Padre per voi: poiché lo stesso Padre vi ama perché avete amato me e avete creduto che sono uscito da Dio. Uscii dal Padre e venni nel mondo: ed ora lascio il mondo e torno al Padre". Gli dicono i suoi discepoli: "Ecco che ora parli chiaramente e senza parabole. Adesso conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno ti interroghi: per questo crediamo che tu sei venuto da Dio".

Il Signore Gesù ci invita a rivolgerci a Dio nel suo nome. Egli chiarisce:"qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, ve la concederà". Ma c'è qualcosa di particolare cui Gesù vuole fare riferimento in questo episodio del vangelo? C'è qualcosa di speciale che Gesù vuole che chiediamo a Dio Padre, affinché la nostra gioia "sia completa"?

In effetti, per quanto il Signore sia provvido e "ricompensa coloro che lo cercano" (Ebrei 11, 6), c'è qualcosa che egli vuole donare alla sua creatura più di ogni altra cosa. Solo questo Dono potrà completare la gioia di coloro che credono nel nome di Gesù. Ora sappiamo che il nome Gesù significa "Dio salva": credere nel nome di Gesù significa dunque che Dio ci ha salvato nel sacrificio di Cristo.

Cosa dobbiamo chiedere al Padre per rendere completa questa gioia che la croce di Cristo ci ha aperto? 

La Chiesa proclama questo episodio di vangelo perché siamo incamminati verso l'epilogo del periodo liturgico pasquale, che si conclude con la solennità dell'Ascensione e, subito dopo, di Pentecoste. Ecco dunque il Dono sublime che dobbiamo chiedere al Signore: lo Spirito Santo, "Signore e che dà la vita", lo Spirito del Padre che è anche "Spirito del Figlio" (Galati 4, 6), perché da essi procede e con essi unisce i due in una sola Trinità beata di amore. 

Ma alla Trinità lo Spirito unisce tutto il mondo sua creatura, redenta da quel prezioso sangue, e brama di vivere in ogni cuore dell'uomo salvato: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Corinzi 3, 16). Ogni credente è chiamato ad essere Tempio santo di Dio, su modello di quanto fece lo stesso Gesù, che chiamò per primo il suo stesso corpo purissimo Tempio del Padre: egli lo fece perché fosse per noi di esempio.

Chiedere a Dio il dono dello Spirito Santo significa, secondo la tradizione della Chiesa, custodire in noi sette santi doni, sette virtù soprannaturali, che si applicano alle virtù teologali e alle virtù naturali. Questo significa che i sette doni dello Spirito Santo perfezionano e supportano una condizione che dobbiamo preoccuparci di coltivare in noi stessi. Questi sette doni sono chiamati tradizionalmente dono di sapienza, di scienza, di intelletto, di fortezza, di timore di Dio, di pietà, di consiglio. 

Alla virtù teologale della Fede si applicano la scienza e l'intelletto. La scienza è quel dono che ci permette di distinguere con chiarezza le cose da credere da quelle da non credere. L'intelletto è invece quel dono che ci permette di penetrare a fondo nei misteri di Fede, cioè nelle verità rivelataci da Dio. 

Alla virtù teologale della Speranza si applica il timore di Dio. Esso ci spinge a non voler più offendere Dio, non per paura dell'inferno, ma per amore e per paura di separarsi da lui (si parla anche di timore filiale).

Alla virtù cardinale della prudenza si applica il dono del consiglio. Esso è quella virtù infusaci da Dio che ci dirige verso le cose bene ordinate al fine eterno oppure verso quelle cose che ci sono necessarie per ben vivere, siano esse temporali o spirituali. 

Alla virtù cardinale della giustizia corrisponde il dono della pietà, quella virtù di venerazione che ci fa relazionare con Dio come con un Padre celeste.

Alla virtù cardinale della fortezza corrisponde il dono che porta lo stesso nome, virtù soprannaturale che ci spinge a perseverare nella grazia anche a costo della vita.

La sapienza, infine, che è il dono più nobile ed è sinonimo di santità, si applica alla virtù più importante, che è la virtù teologale della carità: essa è l'apice della vita mistica e spirituale, ed è il dono proprio dei santi. Vetta del cammino ripido che porta all'unione con il Signore e cui tutti noi dobbiamo ambire, la sapienza indica quella perfezione della mente umana che ci spinge a seguire la volontà dello Spirito Santo, quasi come se fosse un istinto.

Gaetano Masciullo

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