Il ministero terreno di Gesù Cristo ha visto il proprio apice nel celebre discorso della montagna (cfr. Mt cc. 5-7), il quale parte proprio dalla massima preoccupazione spirituale di Gesù per noi, ossia la nostra santificazione, espressa dalle otto beatitutidini, le quali - com'è unanime il giudizio dei Padri e dei Dottori - rappresentano gli effetti dei sette doni dello Spirito Santo. Anche la preghiera del Pater noster insegnataci da Gesù stesso (cfr. Mt 6, 9-13) è anzitutto un elenco di sette richieste al Padre, con le quali richiediamo appunto i sette doni dello Spirito Santo. Sotto quest'ottica, è più facile dunque comprendere l'intenzione ultima di Nostro Signore.
«Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia completa» (Gv 16, 23-30). Non abbiamo chiesto nulla, cioè nulla che valga davvero la pena di essere chiesta: lo Spirito Santo e i suoi sette doni. Tutto il resto, anche i bisogni materiali, vengono di conseguenza, perché Dio è Provvidenza. Ma l'inabitazione dello Spirito Santo è necessaria per la santità, "gioia completa". La santificazione è un processo e, come tale, richiede tempo. Il Signore aveva parlato fino a quel momento ai suoi apostoli in parabole, il cui fine - al contrario di quanto si sente spesso dire - non era certo quello di far comprendere a tutti e in modo semplice nozioni più o meno difficili, ma al contrario, era quello di rendere in un certo senso ermetica la dottrina, non facilmente accessibile, proprio perché c'è bisogno di un cammino per arrivare a conoscere come Dio conosce: «Ascoltate pure, ma senza comprendere, osservate pure, ma senza conoscere» (Is 6, 9-10). C'è bisogno dell'inabitazione dello Spirito Santo per comprendere pienamente: «In quel giorno» allora, cioè nel "giorno della santità", non ci sarà più bisogno di chiedere, perché quel giorno - come commentano i santi Giovanni Crisostomo e Tommaso d'Aquino - è il giorno di Pentecoste.Quando si vive nella grazia, non si ha più bisogno di mediatori umani, ma è Dio stesso ad ascoltarci. Per queste ragioni, Cristo dice: «In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che io pregherò il Padre per voi», cioé Gesù Cristo non pregherà il Padre in quanto vero uomo e mediatore per gli uomini, ma gli apostoli - Chiesa nascente - ameranno Dio come Padre, non solo come Signore, e questa familiarità otterrà tutto in sovrabbondanza. San Tommaso d'Aquino, commentando questo brano di san Giovanni evangelista, commenta il concetto di familiarità. Si ha familiarità verso qualcuno quando spontaneamente si è propensi a chiedergli qualcosa. La familiarità è reciproca: il Padre si fida degli apostoli (Gv 16, 27: «il Padre infatti vi ama perché avete creduto in me»), così come il Padre si fida del Figlio (Gv 16, 28a: «Uscii dal Padre e venni nel mondo») e il Figlio si fida del Padre (Gv 16, 28b: «ora lascio il mondo e torno al Padre»).
La somma manifestazione di affetto degli apostoli verso Cristo è la confessione di fede. E tale confessione procede da tre aspetti. Il primo aspetto è la chiarezza della dottrina: «Ecco che ora parli apertamente e senza parabole» (Gv 16, 29). Infatti, una dottrina è accolta anzitutto se è comprensibile dall'intelletto naturale dell'uomo e la fede cattolica è assolutamente ragionevole. Il secondo aspetto è la certezza della dottrina ricevuta: «Adesso conosciamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno ti interroghi» (Gv 16, 30a). Se si ritiene una tale dottrina di origine divina, non possiamo dubitare della verità di essa, perché Dio sa tutto e non può mentire. In questo versetto, notiamo una apparente contraddizione: infatti, chi sa è colui che non ha bisogno di interrogare, non colui che non ha bisogno di essere interrogato. Eppure qui gli apostoli dicono: "non hai bisogno che alcuno ti interroghi". Si tratta in realtà di una confessione della natura assolutamente beata del Figlio, in quanto Dio: la necessità della preghiera è infatti dalla parte nostra, non dalla parte di Cristo. Infine, il terzo e ultimo aspetto è quello della consapevolezza dell'origine divina della dottrina, cioè della necessità che Dio riveli quella parte di verità che l'intelletto da solo non può raggiungere: «crediamo che tu sei uscito da Dio» (Gv 16, 30b).
Nessun commento:
Posta un commento