sabato 22 giugno 2024

La giustizia del cuore

 

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 5, 20-24.
In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Nisi abundáverit iustítia vestra plus quam scribárum et pharisæórum, non intrábitis in regnum cœlórum. Audístis, quia dictum est antíquis: Non occídes: qui autem occíderit, reus erit iudício. Ego autem dico vobis: quia omnis, qui iráscitur fratri suo, reus erit iudício. Qui autem díxerit fratri suo, raca: reus erit concílio. Qui autem díxerit, fátue: reus erit gehénnæ ignis. Si ergo offers munus tuum ad altáre, et ibi recordátus fúeris, quia frater tuus habet áliquid advérsum te: relínque ibi munus tuum ante altáre et vade prius reconciliári fratri tuo: et tunc véniens ófferes munus tuum.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 5, 20-24.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se la vostra giustizia non sarà stata più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli. Avete sentito che è stato detto agli antichi: Non uccidere; chi infatti avrà ucciso sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico che chiunque si adira col fratello sarà condannato in giudizio. Chi avrà detto a suo fratello: raca, sarà condannato nel Sinedrio. E chi gli avrà detto: pazzo; sarà condannato al fuoco della geenna. Se dunque porti la tua offerta all’altare e allora ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta all’altare e va prima a riconciliarti con tuo fratello, e poi, ritornato, fa la tua offerta.

Dio consegnò a Mosè sul Sinai il Decalogo della Legge affinché fosse osservato da Israele con devozione e perseveranza. I dieci comandamenti divini sono disposti in un ordine di gravità, in modo tale che i peccati commessi contro il primo siano considerati più gravi di quelli commessi contro i seguenti. Tuttavia, ogni violazione è grave al punto da uccidere la grazia di Dio nell'anima dell'uomo.

Oltre alla gravità, i comandamenti furono scritti da Dio sul Sinai seguendo il principio del "massimo grado" di ciascun genere di peccato. Così, quando Dio comanda nel quinto comandamento di "non uccidere", non sta solo vietando l'omicidio, ma anche tutti i gradi inferiori di quel genere di peccato, che nell'omicidio trova la sua massima ed estrema manifestazione. Ecco perché la Chiesa insegna che il quinto comandamento non vieta soltanto l'omicidio, ma in generale tutte le manifestazioni di ira che danneggiano il nostro prossimo.

Questo insegnamento della Chiesa trova nel brano di Vangelo proclamato oggi il suo fondamento scritturale. I farisei avevano rigidamente interpretato la Legge, riducendo la sua osservanza o violazione alla lettera, anziché coglierne il senso profondo e il cuore delle parole scritturali. L'inevitabile conseguenza di questo approccio era che l'osservanza religiosa si limitava alle manifestazioni esterne. Analizzando i dieci comandamenti, vediamo che tutti si riferiscono esplicitamente a manifestazioni esteriori: il culto dovuto a Dio, il non pronunciare il Suo Nome invano, l'onore verso i genitori, il non uccidere, il non commettere adulterio, il non rubare, il non dire falsa testimonianza nei tribunali, il non invidiare. È inevitabile che il massimo grado di un peccato si manifesti in modo più evidente rispetto al suo grado minore, ma ridurre un peccato al solo suo massimo grado è un'eresia, che la Chiesa condanna attraverso la Scrittura.

Se riduciamo le opere buone alla loro sola manifestazione pubblica, l'anima rischia di essere educata all'ipocrisia, ovvero alla finzione e all'ostentazione di un bene non compiuto realmente. Questo è stato l'atteggiamento dei farisei e degli scribi, che Cristo condannava. "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia" (Luca 12, 1).

La Legge deve penetrare profondamente nel nostro cuore, in tutte le sue sfumature. Per questo il Signore afferma che la giustizia del cristiano deve essere "più grande di quella degli scribi e dei farisei", deve cioè passare dalla mera osservanza letterale al senso profondo. Ecco perché Gesù dice: "Avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere; chiunque ucciderà sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico...". Gesù non è venuto a abolire la Legge, ma a completarla, rivelando il suo significato originario nei piani di Dio.

In riferimento al quinto comandamento - Non uccidere - Gesù ci rivela che esistono vari livelli di trasgressione, tutti riconducibili al vizio capitale dell'ira, oltre all'estremo caso dell'omicidio. Il primo livello è l'ira che cresce nel cuore dell'uomo e lo spinge al desiderio di vendetta. Gesù affronta e condanna questo sentimento affermando: "Chiunque si adira contro il proprio fratello sarà soggetto al giudizio." Con "soggetto al giudizio", Gesù indica che si tratta di un peccato grave, che diventa mortale se commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso. 

Il secondo livello di trasgressione è quello della volgarità e della violenza verbale o gestuale. Gesù condanna questa manifestazione dell'ira dicendo: "Chi dice al proprio fratello: 'raca', sarà sottoposto al Sinedrio." Il termine "raca", di origine aramaica, è equivalente a un insulto volgare nella nostra lingua. 

Il terzo livello è l'insulto diretto e l'offesa verbale contro il prossimo. Gesù condanna questa forma di iracondia con le parole: "Chi dice: 'pazzo', sarà condannato al fuoco della Geenna." 

In questo modo, Gesù ci mostra che non solo l'omicidio è proibito dal quinto comandamento, ma anche tutte le forme di ira che possono danneggiare il nostro prossimo, evidenziando come ciascun grado di questo vizio capitale abbia conseguenze gravi per l'anima.Questi insegnamenti ci mostrano chiaramente che il peccato non risiede solo nelle azioni visibili e manifeste, ma anche nelle intenzioni e nei pensieri del cuore. L'ira, se lasciata crescere e svilupparsi, può degenerare in parole e azioni che danneggiano seriamente il prossimo e l'anima stessa di chi la nutre. Il cammino della santità richiede dunque una vigilanza costante sui nostri sentimenti interiori, poiché da essi nascono le parole e le azioni.

Inoltre, Gesù ci invita a considerare la gravità dei peccati in modo diverso rispetto a come spesso siamo abituati. Non si tratta solo di evitare i gesti più eclatanti e visibili, ma di purificare il cuore dalle radici del peccato. La vera conversione passa attraverso un esame di coscienza profondo, che non si limita a ciò che appare agli occhi degli altri, ma scava nelle intenzioni più recondite e nelle emozioni più intime.

Questa riflessione ci ricorda anche l'importanza del sacramento della confessione, attraverso il quale possiamo ottenere il perdono di Dio e la grazia necessaria per superare le nostre debolezze. La confessione non è solo un atto di pentimento per i peccati commessi, ma anche un'opportunità per ricevere la forza divina che ci aiuta a combattere le tentazioni e a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo.

Infine, è importante riconoscere che l'amore e il rispetto per il prossimo sono fondamentali nella vita cristiana. Ogni atto di ira, ogni parola offensiva, non solo offende l'altro, ma danneggia anche la nostra relazione con Dio. Siamo chiamati a essere strumenti di pace e riconciliazione, a riflettere l'amore di Cristo nelle nostre vite quotidiane, cercando di costruire un mondo più giusto e fraterno.

Gaetano Masciullo

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