sabato 18 novembre 2023

La parabola del chicco di senape e delle tre misure di farina


Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 13, 31-35.

In illo témpore: Dixit Jesus turbis parábolam hanc: Símile est regnum cœlórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quidem est ómnibus semínibus: cum autem créverit, majus est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres cœli véniant et hábitent in ramis ejus. Aliam parábolam locútus est eis: Símile est regnum cœlórum ferménto, quod accéptum múlier abscóndit in farínæ satis tribus, donec fermentátum est totum. Hæc ómnia locútus est Jesus in parábolis ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod dictum erat per Prophétam dicéntem: Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 13, 31-35.

In quel tempo, Gesù disse alle folle questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo, e questo granello è la più piccola di tutte le sementi, ma, cresciuta che sia, è più grande di tutte le altre piante e diventa un albero, così che gli uccelli dell’aria vanno e si riposano sui suoi rami". E disse loro un’altra parabola: "Il regno dei cieli è simile a un po’ di lievito, che una donna mescola con tre staia di farina, così che tutto sia fermentato". Gesù disse tutte queste parabole alle folle, e mai parlava loro se non in parabole, affinché si adempisse il detto del Profeta: "aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose nascoste dalla fondazione del mondo".

La sequenza di vangelo proclamata quest'oggi - VI Domenica dopo l'Epifania - può essere suddivisa in tre parti. Risulta forse particolarmente interessante partire dall'ultima, dove il Signore Gesù ci spiega perché parlava alle folle in parabole e solo con i discepoli, invece, si esprimeva in maniera piana. Abbiamo ascoltato, tramite le parole del profeta Davide, questa spiegazione: "Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo" (Salmi 77, 2). Una parabola (o proverbio, secondo la dizione latina) è una similitudine: essa serve a spiegare la natura o alcuni aspetti di qualcosa facendo ricorso a oggetti, circostanze, eventi della vita quotidiana di chi ascolta. La comprensione di esse, tuttavia, non è immediata, e necessita di meditazione e riflessione costante con l'aiuto della grazia nella preghiera. Ecco perché, in un altro passo, il Signore Gesù dice: "Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono" (Matteo 13, 13).

Veniamo dunque alle due parabole di oggi, e interpretiamole non secondo i nostri gusti o le nostre impressioni, bensì secondo l'autorità dei Padri della Chiesa. La prima parabola è quella del chicco di senape. Secondo gli antichi, la senape aveva la proprietà di disintossicare l'organismo dal veleno. Allo stesso modo, il Regno dei Cieli - che nel vangelo non rappresenta mai il Paradiso, la vita futura dei beati, bensì in primo luogo lo stesso Cristo Gesù e la Chiesa, che è il suo corpo mistico - libera con la sua dottrina l'uomo dal vero veleno, che è il peccato. La dottrina del vangelo infatti è la dottrina "più piccola tra tutte", che appare insignificante se paragonata ai grandi sistemi filosofici, scientifici o tecnologici, eppure, una volta che è attecchita nel cuore dell'uomo, essa sola sa dare frutti di vita eterna. Come un albero enorme che accoglie uccelli di ogni specie, così la Chiesa - Corpo mistico di Cristo - accoglie tra le sue braccia uomini di ogni tribù, lingua e nazione. 

Nella seconda parabola, invece, il Regno dei Cieli è paragonato al lievito. Una donna - leggiamo nel vangelo - mescola questo lievito a tre staia di farina. Nel linguaggio della Scrittura, la donna è spesso associata alla Sapienza. In cosa consiste dunque la vera sapienza? Nell'unire la grazia di Dio, qui rappresentata dal lievito, all'uomo in tutte le sue facoltà. La farina, infatti, qui rappresenta l'uomo, misurato in tre staia, perché secondo la mentalità ebraica tre sono le componenti di ogni essere umano: il cuore, l'anima e le forze, che corrispondono alla tripartizione dell'uomo di cui ci parla san Paolo: "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (1Tessalonicesi 5,23); "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Deuteronomio 6, 5).

Gaetano Masciullo

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