sabato 19 agosto 2023

Il Buon Samaritano è Nostro Signore

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam 10, 23-37

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Beáti óculi, qui vident quæ vos videtis. Dico enim vobis, quod multi prophétæ et reges voluérunt vidére quæ vos videtis, et non vidérunt: et audire quæ audítis, et non audiérunt. Et ecce, quidam legisperítus surréxit, tentans illum, et dicens: Magister, quid faciéndo vitam ætérnam possidébo? At ille dixit ad eum: In lege quid scriptum est? quómodo legis? Ille respóndens, dixit: Díliges Dóminum, Deum tuum, ex toto corde tuo, et ex tota ánima tua, et ex ómnibus víribus tuis; et ex omni mente tua: et próximum tuum sicut teípsum. Dixítque illi: Recte respondísti: hoc fac, et vives. Ille autem volens iustificáre seípsum, dixit ad Iesum: Et quis est meus próximus? Suscípiens autem Iesus, dixit: Homo quidam descendébat ab Ierúsalem in Iéricho, et íncidit in latrónes, qui étiam despoliavérunt eum: et plagis impósitis abiérunt, semivívo relícto. Accidit autem, ut sacerdos quidam descénderet eádem via: et viso illo præterívit. Simíliter et levíta, cum esset secus locum et vidéret eum, pertránsiit. Samaritánus autem quidam iter fáciens, venit secus eum: et videns eum, misericórdia motus est. Et apprópians, alligávit vulnera eius, infúndens óleum et vinum: et impónens illum in iuméntum suum, duxit in stábulum, et curam eius egit. Et áltera die prótulit duos denários et dedit stabulário, et ait: Curam illíus habe: et quodcúmque supererogáveris, ego cum redíero, reddam tibi. Quis horum trium vidétur tibi próximus fuísse illi, qui íncidit in latrónes? At ille dixit: Qui fecit misericórdiam in illum. Et ait illi Iesus: Vade, et tu fac simíliter.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 10, 23-37

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: "Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete. Vi dico, infatti, che molti profeti e re vollero vedere le cose che vedete voi e non le videro, e udire le cose che udite voi e non le udirono". Ed ecco che un dottore della legge si alzò per tentare il Signore, e disse: "Maestro, che debbo fare per ottenere la vita eterna?" Gesù rispose: "Che cosa è scritto nella legge? Che cosa vi leggi?" E quello: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente: e il prossimo tuo come te stesso". E Gesù: "Hai detto bene: fa' questo e vivrai". Ma quegli, volendo giustificarsi, chiese a Gesù: "E il prossimo mio chi è?" Allora Gesù prese a dire: "Un uomo, mentre discendeva da Gerusalemme a Gerico, si imbatté nei briganti, che lo spogliarono e, feritolo, se ne andarono lasciandolo semivivo. Avvenne allora che un sacerdote discendesse per la stessa via: visto quell’uomo, passò oltre. Similmente un levita, passato vicino e avendolo visto, si allontanò. Ma un samaritano, che era in viaggio, arrivò vicino a lui e, vistolo, ne ebbe compassione. Accostatosi, fasciò le ferite versandovi l’olio e il vino e, postolo sulla propria cavalcatura, lo condusse in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, presi due denari, li dette all’albergatore, dicendo: Abbi cura di questi, e quanto spenderai in più te lo rimborserò al mio ritorno. Chi di quei tre ti sembra che sia stato prossimo dell’uomo caduto nelle mani dei briganti?" Il dottore rispose: "Colui che ebbe compassione". E Gesù gli disse: "Vai e fa' lo stesso anche tu".

La parabola del Buon Samaritano è certamente una di quelle più strumentalizzate e fraintese oggi sui pulpiti, e viene spacciata come una giustificazione evangelica di una riduzione filantropica della religione, cioè dell'idea che ciò che davvero interessa a Dio è l'amore per il nostro prossimo o - come si suol dire di questi tempi - la "giustizia sociale". Questo modo di concepire Dio, in verità molto grossolano e anzi umano, umanissimo, è costantemente contraddetto dalla Scrittura e dal Magistero perenne della Chiesa.

Per questo motivo la Chiesa oggi non proclama semplicemente la parabola del Buon Samaritano, ma anche il contesto in cui essa fu raccontata dal Signore. Un Dottore della Legge, infatti, cioè un ebreo osservante che studiava e conosceva a menadito la Scrittura, fa una domanda apparentemente banale a Gesù: cosa devo fare per ottenere la vita eterna, cioè per salvarmi? Si tratta però di una domanda fondamentale, anzi la domanda per eccellenza per l'essere umano. Dinanzi ai limiti dell'esistenza terrena, a cominciare dalla vecchiaia, le malattie, i lutti, fino ad arrivare alla stessa morte personale, esiste un modo per "salvarsi" e vivere in eterno? Una domanda strana, se posta in bocca a uno studioso della Scrittura, che bene dovrebbe conoscere la risposta data da Dio a Mosè, ai patriarchi e ai profeti dell'antico Israele. Ecco perché l'evangelista scrive: "si alzò per tentare il Signore". L'intenzione iniziale del Dottore era inquisitrice, era cioè quella di vedere se fosse possibile cogliere in fallo Gesù, forse perché ancora non riusciva a riconoscerlo come Maestro o come un bugiardo. Il Signore, pur conoscendo l'intenzione del Dottore, non reagisce con veemenza, anzi quasi sembra rispettare il suo dubbio e la sua volontà di testare l'origine celeste di quel Gesù di Nazareth.

La risposta di Gesù pertanto è a sua volta una domanda, come a dire: "Tu sei un Dottore e leggi ogni giorno la Scrittura, che risposta vi trovi al suo interno?" Infatti è nella Parola di Dio che troviamo ogni risposta alle nostre domande, sia quelle esistenziali sia quelle della vita di tutti i giorni. La risposta che il Dottore riporta potrebbe essere indicata come il riassunto di tutta la Scrittura: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente: e il prossimo tuo come te stesso". E Gesù: "Hai detto bene: fa' questo e vivrai". Una risposta apparentemente semplice, ma in realtà difficilissima da vivere. Amare Dio con tutta la mente, con tutta l'anima, con tutto il cuore e con tutte le forze significa amare Dio con tutto il nostro essere, integralmente. Chi di noi riesce a farlo? 

Amare Dio con la mente significa avere il dono della Fede, che illumina l'intelligenza e ci fa conoscere chi è Dio. Amare Dio con l'anima significa avere il dono della Speranza, perché l'anima è per gli antichi l'insieme di tutte le emozioni, e la Speranza è quella virtù che orienta i nostri desideri verso i beni superni. Amare Dio con tutto il cuore significa avere il dono della Carità, dove il cuore non è l'amore umanamente inteso, bensì la volontà. Amare Dio con tutte le nostre forze significa avere ed esercitare tutte le virtù naturali: prudenza, fortezza, giustizia e temperanza.

Solo a questo punto si inserisce la parabola del Buon Samaritano, dacché il comandamento proferito dal Dottore prosegue dicendo: "e il prossimo tuo come te stesso". Come a dire che l'amore verso il fratello segue l'esercizio di tutte quelle altre virtù. Solo chi esercita fede, speranza, carità e virtù naturali può amare il proprio fratello, e non esercitare un'ipocrita filantropia, che davanti agli uomini si manifesta come atto di bontà, ma spesso è mossa dalla vanagloria. La Scrittura precisa in maniera interessante: come te stesso, e non: più di te stesso.

Ma la Chiesa ci insegna anche a vedere nella Parabola in questione l'insegnamento che il primo buon samaritano è lo stesso Signore Gesù. L'uomo colpito, derubato e lasciato tramortito dai briganti infatti rappresenta tutto il genere umano, che in Adamo è stato colpito, derubato delle virtù naturali e soprannaturali e lasciato semivivo, cioè in condizione di peccato mortale, dal brigante spirituale che è Satana. Il sacerdote e il levita, cioè le religioni umane dei gentili, ma anche il sacerdozio dell'Antico Testamento, sono passati di fianco all'uomo tramortito, ma non hanno voluto né potuto assisterlo e salvarlo. In quelle religioni non c'è la virtù che salva. Il Buon Samaritano, invece, è in grado di farlo. I samaritani erano reietti dai giudei, e così Gesù è divenuto abominio per Israele. Da notare che l'uomo discendeva da Gerusalemme a Gerico, cioè dalla Città di Dio verso la Città dell'uomo, quando fu attaccato.  

Il Buon Samaritano versa sulle ferite dell'uomo semivivo olio e vino, che sono riferimenti e segni dei sacramenti che guariscono e rafforzano (si pensi alla Confermazione, ma anche all'Unzione degli infermi) e del Sacramento che nutre (Eucarestia); poi lo conduce in un albergo, che è immagine della Chiesa. Ed ecco che egli paga con due denari l'albergatore, con la promessa che "il di più" sarà elargito al suo ritorno. Ecco infatti che Cristo ha dato alla Chiesa tutti i carismi necessari per prendersi cura dell'uomo ferito e risanarlo, con la promessa che al suo ritorno, alla fine dei tempi quando verrà a giudicare i vivi e i morti, ma anche nel momento del giudizio particolare di ciascuno di noi, Egli ci darà "il di più", cioè il premio per i nostri meriti.

Gaetano Masciullo

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