sabato 1 luglio 2023

La Legge deve penetrare il cuore dell'uomo


Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 5, 20-24.

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Nisi abundáverit iustítia vestra plus quam scribárum et pharisæórum, non intrábitis in regnum cœlórum. Audístis, quia dictum est antíquis: Non occídes: qui autem occíderit, reus erit iudício. Ego autem dico vobis: quia omnis, qui iráscitur fratri suo, reus erit iudício. Qui autem díxerit fratri suo, raca: reus erit concílio. Qui autem díxerit, fátue: reus erit gehénnæ ignis. Si ergo offers munus tuum ad altáre, et ibi recordátus fúeris, quia frater tuus habet áliquid advérsum te: relínque ibi munus tuum ante altáre et vade prius reconciliári fratri tuo: et tunc véniens ófferes munus tuum.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 5, 20-24.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se la vostra giustizia non sarà stata più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli. Avete sentito che è stato detto agli antichi: Non uccidere; chi infatti avrà ucciso sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico che chiunque si adira col fratello sarà condannato in giudizio. Chi avrà detto a suo fratello: raca, sarà condannato nel Sinedrio. E chi gli avrà detto: pazzo; sarà condannato al fuoco della geenna. Se dunque porti la tua offerta all’altare e allora ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta all’altare e va prima a riconciliarti con tuo fratello, e poi, ritornato, fa la tua offerta.

Dio consegnò a Mosè sul Sinai il decalogo della Legge affinché fosse osservata da Israele con devozione e perseveranza. L'ordine dei dieci comandamenti divini segue un ordine di gravità, così che i peccati commessi contro il primo risultino più gravi di quelli commessi contro i seguenti, ma tutte le violazioni constano della gravità che uccide la grazia di Dio nell'anima dell'uomo.

Oltre alla gravità, i comandamenti furono scritti da Dio sul Sinai seguendo il criterio del "massimo grado" di ciascun genere di peccato. Così, quando Dio ordina nel quinto comandamento di "non uccidere", in realtà sta condannando e vietando non solo l'omicidio, ma tutti i gradi inferiori di quel genere di peccato che nell'omicidio trova la propria massima ed estrema manifestazione. Ecco perché la Chiesa insegna che il quinto comandamento non vieta soltanto l'omicidio, ma in generale tutte le manifestazioni d'iracondia che danneggiano il nostro prossimo. 

Questo insegnamento della Chiesa trova nel brano di vangelo proclamato quest'oggi il proprio fondamento scritturale. I farisei avevano ingessato la Legge, riducendo l'ottemperanza o la violazione di essa alla lettera, anziché al senso e al cuore delle parole utilizzate nella Scrittura. L'inevitabile conseguenza era che l'osservanza religiosa veniva limitata alla manifestazione esterna. Se si analizzano i dieci comandamenti, infatti, vediamo che tutti si riferiscono esplicitamente a manifestazioni esterne: il culto da tributare a Dio, non nominare il Nome divino, l'onore da tributare ai genitori, non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza nei tribunali, non invidiare. E' inevitabile che il massimo grado di un peccato assuma una dimensione più manifesta del suo grado più infimo, ma ridurre un peccato al suo massimo grado è un'eresia, che la Chiesa condanna attraverso la Scrittura. 

Se infatti limitiamo e associamo l'opera buona alla sua sola manifestazione pubblica, allora è inevitabile che l'anima viene così educata all'ipocrisia, cioè alla finzione e all'ostentazione del bene compiuto. Questo fu infatti l'atteggiamento dei farisei e degli scribi, che Cristo condannava. "Guardatevi dal lievito dei farisei, cioè l'ipocrisia" (Luca 12, 1).

La Legge deve penetrare nel nostro cuore, in tutti i suoi gradi. Per questo il Signore dice che la giustizia del cristiano deve essere "maggiore di quella degli scribi e dei farisei", deve cioè passare dalla lettera al senso. Ecco dunque spiegato perché Gesù dice: "Avete sentito che è stato detto agli antichi: Non uccidere; chi infatti avrà ucciso sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico...". Gesù non è venuto a sminuire la Legge, ma a dare compimento a essa, e a spiegare profondamente il suo significato originario nei piani di Dio.

Nel caso del quinto comandamento - Non uccidere - Gesù ci indica tre gradi, oltre a quello massimo e manifesto dell'omicidio, e li indica tutti come gradi dello stesso vizio capitale, che è l'iracondia. Il primo grado è quello dell'ira che coltiva nell'anima dell'uomo il desiderio della vendetta. Gesù lo indica e lo condanna con le parole: "io vi dico che chiunque si adira col fratello sarà condannato in giudizio". Nel dire che "sarà condannato in giudizio", il Signore dice che si tratta di un peccato grave, e quindi mortale se compiuto con deliberato consenso e piena avvertenza. Il secondo grado è quello del clamore, cioè della volgarità e della violenza nelle parole e nei gesti. Gesù condanna questo grado del peccato di iracondia con le parole: "Chi avrà detto a suo fratello: raca, sarà condannato nel Sinedrio", dove raca è una parola aramaica che oggi potremmo fare corrispondere a una parolaccia. Il terzo grado è quello dell'insulto e dell'offesa verbale diretta al nostro prossimo. Questo grado è condannato da Gesù nelle parole: "E chi gli avrà detto: pazzo; sarà condannato al fuoco della geenna". 

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