Dopo la manifestazione di Cristo neonato ai santi Simeone e Anna, la circoncisione di Gesù e la purificazione di Maria, rimangono da meditare due grandi misteri di fede avvenuti in quello stesso giorno. Il primo mistero sul quale meditare è il rito della Presentazione al Tempio (che la liturgia cattolica venererà il 2 febbraio, la cosiddetta "Candelora") - cosa ben distinta dagli altri rituali - l'altro invece è il rito dell'imposizione del nome, che secondo la Legge di Mosè doveva esserci nello stesso momento della circoncisione.
La dottrina cattolica ha sempre dato una grande importanza al nome proprio. Con l'introduzione della Nuova Alleanza e del sacramento del Battesimo, l'imposizione del nome è stata spostata tradizionalmente in quest'occasione. Ma perché il nome è così importante? Il nome è, generalmente, ciò che esprime in maniera rapida e sintetica l'essenza di una cosa.
Questo equivale per i cosiddetti nomi comuni, cioè quello che si attribuisce a più esemplari di una stessa specie. Allo stesso tempo, l'essere umano dall'alba dei tempi attribuisce dei nomi specifici anche agli individui, quando questi hanno comportato un grande valore affettivo. L'uomo concepisce pertanto anche i nomi propri, che infatti diamo ai singoli esseri umani oppure agli animali domestici, perché verso di loro proviamo un certo affetto o una tenerezza.
San Tommaso d'Aquino scrive che gli uomini attribuiscono i nomi propri ai figli in base a determinate proprietà del figlio (cfr. S.Th. III, q. 37, a. 2, co.): per esempio, alcuni danno il nome in base al tempo di nascita del figlio (per esempio chiamandoli in base al santo del giorno di nascita); altri, in base alla parentela (come quando si dà al figlio il nome del nonno); altri ancora, anche se oggi molto più raramente, in base a un evento particolare (come quando Giuseppe in Genesi 41, 51 chiamò il figlio Manasse, parola che in ebraico significa "dimenticanza"); oppure ancora altri, in base a una qualità del bambino (per esempio, ancora in Genesi 25, 25, Isacco chiama il figlio Esaù, parola che significa "rossiccio", perché tale era il colore dei capelli del neonato).
In altre parole, i nomi propri scelti dagli uomini per i propri figli sono sempre superficiali. Se invece è Dio a decidere il nome proprio di una persona, com'è accaduto nel caso dell'Incarnazione del Figlio (e ricordiamo che il nome Gesù fu imposto a Maria e Giuseppe dall'arcangelo san Gabriele, a sua volta ricevuto da Dio), allora il nome scelto indicherà la vocazione dell'individuo, che è la caratteristica che rende la persona davvero diversa e unica tra tutti i suoi simili.
Nessun altro nome poteva essere idoneo per il Figlio di Dio fatto uomo all'infuori di Gesù, che in ebraico (Yahshua) significa 'salvezza'. La salvezza per Israele e per il mondo intero passa, infatti, attraverso la morte in croce di Gesù Cristo.
Gaetano Masciullo
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