sabato 22 marzo 2025

Chi non è con Cristo, è contro di Lui

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 11, 14-28.

In illo témpore: Erat Iesus eiíciens daemónium, et illud erat mutum. Et cum eiecísset daemónium, locútus est mutus et admirátae sunt turbae. Quídam áutem ex eis dixérunt: in Beélzebub príncipe daemoniórum éiicit daemónia. Et álii tentántes, signum de coélo quaerébant ab eo. Ipse áutem ut vidit cogitatiónes eórum, díxit eis: Omne regnum in seípsum divísum desolábitur, et domus supra domum cadet. Si áutem et sátanas in seípsum divísus est, quómodo stabit regnum eius? Quia dícitis in Beélzebub me eiícere daemónia. Si áutem ego in Beélzebub eiício daemónia, fílii vestri in quo eiíciunt? Ideo ipsi iúdices vestri érunt. Porro si in dígito Dei eiício daemónia: profécto pervénit in vos regnum Dei. Cum fortis armátus custódit átrium suum, in pace sunt ea, quae póssidet. Si áutem fórtior eo supervéniens vícerit eum, univérsa arma eius áuferet, in quibus confidébat, et spólia eius distríbuet. Qui non est mecum, contra me est; et qui non cólligit mecum, dispérgit. Cum immúndus spíritus exíerit de hómine, ámbulat per loca inaquósa, quaérens réquiem, et non invéniens, dicit: Revértar in domum meam unde exívi. Et cum vénerit, ínvenit eam scopis mundátam, et ornátam. Tunc vadit, et assúmit semptem álios spíritus secum nequióres se, et ingréssi hábitant ibi. Et fiunt novíssima hóminis illíus peióra prióribus. Factum est áutem, cum haec díceret, extóllens vocem quaédam múlier de turba, dixit illi: Beátus venter, qui te portávit, et úbera, quae suxísti. At ille dixit: Quinímmo beáti qui áudiunt verbum Dei, et custódiunt illud.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 11, 14-28.

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio ed esso era muto. E non appena cacciò il demonio, il muto parlò e le folle ne rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: "Egli caccia i demoni in virtù di Belzebù, il principe dei demoni". Altri poi, per tentarlo, gli chiedevano un segno dal cielo. Ma egli, avendo scorto i loro pensieri, disse loro: "Qualunque regno diviso in se stesso cadrà in rovina, e una casa cadrà sull’altra. Se anche Satana è diviso in se stesso, come sussisterà il suo regno? Perché voi dite che io scaccio i demoni in virtù di Belzebù. Se io scaccio i demoni in virtù di Belzebù, in virtù di chi li scacciano i vostri figli? Per questo, saranno essi i vostri giudici. Se io con il dito di Dio scaccio i demoni, allora è venuto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte e armato custodisce il proprio atrio, allora è al sicuro tutto ciò che egli possiede. Ma se un altro più forte di lui lo sovrasta e lo vince, porta via tutte le armi in cui egli riponeva la sua fiducia e ne spartisce le spoglie. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, vaga per luoghi privi di acqua, cercando riposo, e, non trovandolo, dice: 'Ritornerò nella mia casa, da dove sono uscito'. E, giungendo, la trova spazzata e adorna. Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed entrano ad abitarvi e la fine di quell’uomo è peggiore di prima". Ora avvenne che, mentre diceva queste cose, una donna alzò la voce tra la folla e gli disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno che hai succhiato!". Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono".

In questa pagina di vangelo, ascoltiamo che Gesù compie un esorcismo, liberando un uomo posseduto da uno spirito muto. Il termine greco cophos indica in realtà una condizione di sordomutismo, come nota san Tommaso d'Aquino: chi nasce sordo necessariamente non parla, poiché il linguaggio si apprende attraverso l'udito.

Lo spirito che rende muto quest'uomo è il contrario dello Spirito Santo. Se infatti lo Spirito Santo dona l'udito interiore per comprendere la Parola di Dio e il linguaggio per trasmetterla, il triplice nemico dell'uomo - satana, la carne e il mondo - cerca di renderlo sordo e muto, incapace di ricevere, comprendere e comunicare la verità.

San Beda il Venerabile osserva che la reazione delle folle e degli scribi mostra un contrasto significativo: mentre il popolo semplice si stupisce dei prodigi di Cristo, i farisei e gli scribi, per invidia e durezza di cuore, cercano di distorcerne il significato. Alcuni arrivano a insinuare che Gesù scacci i demoni per opera di Beelzebub, nome che significa letteralmente "signore delle mosche", un nome dispregiativo attribuito al diavolo. Questo epiteto risale ai culti pagani dei cananei, che veneravano Baal con pratiche idolatriche abominevoli, attribuendogli così il dominio sui demoni.

San Cirillo di Alessandria spiega che alcuni, mossi da simile invidia, esigevano un segno celeste più grande: per costoro, scacciare un demonio non era sufficiente a provare la divinità di Cristo. Pretendevano prodigi paragonabili a quelli di Mosè e Giosuè, ignorando così la natura profonda del miracolo di Gesù. Tuttavia, costoro erano consapevoli che il loro sospetto era irragionevole e, per timore della folla, non osavano esprimerlo apertamente. Gesù, conoscendo i loro pensieri, risponde direttamente ad essi, rivelando così la sua onniscienza, propria di Dio.

Gesù smonta l'accusa con un'argomentazione logica: se Satana operasse contro se stesso, il suo regno sarebbe destinato a crollare. Inoltre, gli ebrei stessi praticavano esorcismi nel nome di Dio: perché dunque accusare Gesù di agire per mezzo di satana? Due cause opposte non possono produrre lo stesso effetto. Ciononostante, il regno di satana, anche se apparentemente saldo, è in realtà fragile e destinato alla divisione, poiché solo la verità può garantire una vera unità, e la verità è Cristo stesso.

Quando Gesù dice: "Se io scaccio i demoni per opera di Beelzebub, i vostri figli per opera di chi li scacciano?", si riferisce agli apostoli, chiamandoli "vostri figli" anziché "miei discepoli". Questo implica una continuità tra la missione di Israele e quella della Chiesa, che porterà a compimento la lotta contro il male e contro il peccato.

Luca usa l'espressione "dito di Dio", mentre Matteo parla più esplicitamente di Spirito Santo (cfr. Matteo 12, 28). Questo parallelismo insegna a identificare lo Spirito Santo ogni volta che nelle Scritture compare l'espressione "dito di Dio". Sant'Agostino e san Cirillo di Alessandria spiegano che lo Spirito Santo è così definito per la sua azione particolare nella distribuzione dei doni divini. Se Cristo è la "mano" e il "braccio" del Padre, lo Spirito Santo è il "dito", in quanto operante attraverso il Figlio.

Gesù prosegue quindi con la parabola dell'uomo forte: il diavolo, armato dei suoi inganni, tiene in ostaggio l'anima umana. Tuttavia, Cristo, più forte di lui, lo vince e libera gli uomini. Il bottino che Gesù sottrae a Satana sono le anime che il demonio aveva tenuto sotto il suo dominio.

Il Signore avverte: "Chi non è con me è contro di me". Con questa sentenza, Egli respinge ogni neutralità: chi non coopera alla diffusione della verità e della salvezza, si oppone a lui e disperde.

Segue allora la metafora dello spirito immondo che, una volta uscito da un uomo, torna con altri sette spiriti peggiori. Il riferimento primario è a Israele, liberato dalla schiavitù dell'Egitto (mondanità) e guidato nel deserto fino alla ricezione della Legge, ma che, rifiutando Cristo, desidera tornare alla condizione precedente, senza una vera conversione. La condizione di chi rifiuta Cristo dopo averlo conosciuto è peggiore di quella di chi non lo ha mai conosciuto, in modo analogo a come il rifiuto dello Spirito Santo, che dà sette doni, porta a una condizione spirituale peggiorata.

Infine, una donna dalla folla proclama la beatitudine della Madre di Gesù: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno che hai succhiato!". Luca qui si ricollega alle profezie di Elisabetta e di Maria stessa (Lc 1,42-48). Ma Gesù risponde elevando il concetto di beatitudine: Maria non è beata semplicemente per aver dato alla luce il Salvatore, ma soprattutto per aver ascoltato e custodito la Parola di Dio. Questo non sminuisce Maria, ma la esalta nella sua più alta vocazione: modello perfetto di obbedienza alla volontà divina.

Gaetano Masciullo

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