mercoledì 25 dicembre 2024

Perché ricordare il primo martire subito dopo il Natale?


Sequéntia sancti Evangélii secundum Matthǽum 23, 34-39.

In illo témpore: Dicébat Iesus scribis et pharisǽis: Ecce, ego mitto ad vos prophétas, et sapiéntes, et scribas, et ex illis occidétis et crucifigétis, et ex eis flagellábitis in synagógis vestris, et persequémini de civitáte in civitátem: ut véniat super vos omnis sanguis iustus, qui effúsus est super terram, a sánguine Abel iusti usque ad sánguinem Zacharíæ, filii Barachíæ, quem occidístis inter templum et altáre. Amen, dico vobis, vénient hæc ómnia super generatiónem istam. Ierúsalem, Ierúsalem, quæ occídis prophétas, et lápidas eos, qui ad te missi sunt, quóies vólui congregáre fílios tuos, quemádmodum gallína cóngregat pullos suos sub alas, et noluísti? Ecce, relinquétur vobis domus vestra desérta. Dico enim vobis, non me vidébitis ámodo, donec dicátis: Benedíctus, qui venit in nómine Dómini.

Seguito del Santo Vangelo secondo Matteo 23, 34-39.

In quel tempo, Gesù diceva agli scribi e ai farisei: "Ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi, e di questi ne ucciderete e crocifiggerete, e ne flagellerete nelle vostre sinagoghe, e li perseguiterete di città in città: in modo che ricada su di voi tutto il sangue del giusto, che è stato effuso sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il tempio e l’altare. In verità, io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che a te sono stati inviati, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i propri pulcini sotto le ali, e non hai voluto? Ecco, a causa vostra la vostra casa sarà lasciata deserta. Vi dico, infatti, che non mi vedrete più, fino a quando non diciate: Benedetto colui che viene nel nome del Signore".

In memoria di santo Stefano, protomartire, cioé primo tra i martiri della Chiesa, la Chiesa proclama una pagina di vangelo molto dura, oggi diremmo "politicamente (o clericalmente) scorretta". Cristo non teme di denunciare apertamente l’ostinazione di Gerusalemme, simbolo del rifiuto dell’umanità tutta, ma in particolare degli eletti, alla verità divina, e preannuncia il destino dei suoi inviati. Questo monito è una dichiarazione profetica della persecuzione che dovranno subire i suoi discepoli e, allo stesso tempo, una chiamata alla responsabilità che ciascuno deve assumersi di fronte alla Rivelazione divina.

Il linguaggio di Cristo è diretto e duro: accusa coloro che, per varie ragioni terrene, si oppongono alla Verità incarnata e perseguitano chi la proclama. Bisogna tener presente, tuttavia, che impugnare la verità conosciuta è un peccato contro lo Spirito Santo, che è tra i più gravi che vi siano in assoluto. Questo atteggiamento di denuncia e di condanna da parte di Gesù è lontano dal sentimentalismo o dal relativismo che spesso permeano la nostra società contemporanea, dove parlare di peccato, giudizio e responsabilità personale è considerato scomodo o divisivo, persino nella Chiesa. Gesù non teme, invece, di rivelare la gravità del rifiuto della grazia, mettendo in guardia contro le conseguenze eterne di questa scelta.

“Io mando a voi profeti…”: queste parole manifestano il cuore divino di Nostro Signore Gesù Cristo. Il Signore non parla come un semplice profeta, ma come Dio stesso. Dicendo “Io mando a voi…”, afferma implicitamente la propria natura divina, sottolineando che egli è il vero Autore della missione dei profeti e degli apostoli. Questo è particolarmente significativo nel tempo natalizio, che celebra il mistero dell’Incarnazione: il Bambino nato a Betlemme è Dio fatto uomo, il Verbo eterno che viene a salvare, ma che sarà rifiutato e condotto alla croce.

Se diamo attenzione al calendario liturgico cattolico-romano tradizionale subito dopo il Natale, notiamo delle ricorrenze particolari. Subito dopo la celebrazione della nascita del Salvatore, infatti, la Chiesa ci invita a riflettere sul mistero del martirio, proponendoci una sequenza dal profondo significato: santo Stefano: martire nel corpo e nello spirito, che testimonia con la sua vita e la sua morte la fedeltà a Cristo fino all’effusione del sangue; san Giovanni Evangelista: martire nello spirito ma non nel corpo, che pur non subendo il martirio fisico, visse gravi persecuzioni per la sua totale consacrazione alla diffusione del vangelo; santi Innocenti: martiri nel corpo ma non nello spirito, vittime della crudeltà di Erode e immagine della lotta tra il potere terreno e il Regno di Dio; san Thomas Becket: martire nello spirito e nel corpo, come santo Stefano, è la prima grande vittima degli abusi di stato nella storia cristiana e testimonia l’opposizione tra il potere temporale che rifiuta Dio e la libertà della Chiesa.

Questa successione liturgica non è casuale, ma illumina il profondo legame tra il Natale e il martirio. Il Natale non è solo la celebrazione della nascita di un Bambino, ma l’irruzione del Regno di Dio nella storia, una realtà che provoca inevitabilmente una reazione da parte delle forze del male. Il martirio è la risposta ultima e radicale all’amore di Dio: un amore che si dona totalmente, fino al sacrificio supremo.

Il Natale e il martirio sono uniti dalla logica della Croce. Cristo nasce per morire e risorgere, e coloro che lo seguono sono chiamati a partecipare alla sua missione redentrice, anche a costo della vita. Santo Stefano ci ricorda che la fede non è una via facile o comoda, ma un cammino di fedeltà che può richiedere il dono totale di sé. Questo ci interpella profondamente: siamo disposti ad accogliere Cristo nella nostra vita, anche quando ci chiede di portare la croce del sacrificio, del rifiuto o della persecuzione?

Gaetano Masciullo

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