sabato 3 agosto 2024

Effatà! Ascolta la Parola di Dio!

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Marcum 7, 31-37

In illo témpore: Exiens Iesus de fínibus Tyri, venit per Sidónem ad mare Galilǽæ, inter médios fines Decapóleos. Et addúcunt ei surdum et mutum, et deprecabántur eum, ut impónat illi manum. Et apprehéndens eum de turba seórsum, misit dígitos suos in aurículas eius: et éxspuens, tétigit linguam eius: et suspíciens in cœlum, ingémuit, et ait illi: Ephphetha, quod est adaperíre. Et statim apértæ sunt aures eius, et solútum est vínculum linguæ eius, et loquebátur recte. Et præcépit illis, ne cui dícerent. Quanto autem eis præcipiébat, tanto magis plus prædicábant: et eo ámplius admirabántur, dicéntes: Bene ómnia fecit: et surdos fecit audíre et mutos loqui.

Seguito del S. Vangelo secondo Marco 7, 31-37

In quel tempo, uscendo dal territorio di Tiro, Gesù venne per Sidone verso il mare di Galilea, attraversando la Decapoli. E gli conducono innanzi un sordo, scongiurandolo affinché gli imponga le mani. Allora, allontanandolo dalla folla, Gesù mise le sue dita nelle orecchie del sordo, con la saliva gli toccò la lingua e, guardando verso il cielo, sospirò dicendo: "Effeta! cioè: apriti". Subito le sue orecchie si aprirono, si sciolse il nodo della lingua e parlò rettamente. E Gesù comandò loro di non parlarne ad alcuno. Ma quanto più egli raccomandava il silenzio, tanto più quelli predicavano e lo esalvatano dicendo: "Ha fatto bene ogni cosa: ha fatto udire i sordi e parlare i muti".

Secondo l'insegnamento dei Padri e dai Dottori della Chiesa, il sordomuto del Vangelo rappresenta simbolicamente la condizione di tutti coloro che sono al di fuori del popolo eletto di Israele. Questo racconto, narrato dall'evangelista Marco, discepolo di san Pietro, è rivolto principalmente ai pagani convertiti alla vera Fede, in particolare ai credenti di Roma.

Il Vangelo menziona un sordo, ma il termine greco utilizzato e il gesto di Gesù che tocca sia le orecchie sia la lingua indicano chiaramente che si trattava di un sordomuto. Questi due difetti - la sordità e il mutismo - ci illustrano spiritualmente la condizione dell'uomo che non conosce il Vangelo. Come un sordo, egli non può ascoltare o riconoscere la voce di Dio. Come un muto, egli non è in grado di lodare o pregare il Signore.

È importante notare che il mutismo e il silenzio sono cose ben distinte e diverse. San Benedetto da Norcia, nella sua Regola, poneva la pratica del silenzio come uno dei gradini della scala che conduce all'umiltà perfetta. L'uomo silenzioso per umiltà sa quando è opportuno parlare e quando evitare parole superflue, mentre l'uomo "spiritualmente muto" utilizza il silenzio in modo disordinato, spesso dettato dalla pigrizia. Quest'ultimo atteggiamento può facilmente diventare un peccato di omissione, poiché molti atti di misericordia spirituale richiedono la parola: istruire gli ignoranti, consolare i dubbiosi, ammonire i peccatori.

La prima azione che Gesù compie in questo miracolo è quella di separare il sordomuto dalla folla. Infatti, per rigenerare l'uomo a vita nuova, è necessario che egli rinunci alle passioni mutevoli e alle idee false del mondo, cause della sua condizione spirituale. Cristo, come Medico divino, rimuove dall'anima dell'uomo le cause della sua malattia. Gesù poi tocca le orecchie e la lingua del sordomuto con la propria saliva, un gesto forte e significativo. La lingua del sordomuto è secca, incapace di articolare parole di sapienza, mentre la lingua di Gesù è sana e dalla bocca del Signore esce sapienza. L'atto di bagnare la lingua del muto con la propria saliva rappresenta la trasmissione della Sapienza divina - che è Cristo stesso - all'uomo di buona volontà. Ecco perché l'evangelista specifica che il sordo iniziò a parlare non solo fluentemente, ma "rettamente", cioè secondo verità.

Gesù alza gli occhi al cielo, sospira e dice: "Effatà", che significa "Apriti!". Questo comando è potente e immediato: le orecchie del sordomuto si aprono, il legame della sua lingua si scioglie e inizia a parlare correttamente. Questo "aprire" è molto più di una semplice guarigione fisica; è un'apertura alla verità divina e alla salvezza. Il comando "Effatà" può essere visto come un invito per tutti i credenti a lasciarsi aprire dalla grazia di Dio, ad essere recettivi alla sua parola e a testimoniare la fede con coraggio.

Alla fine del miracolo, la folla è sbalordita e dice: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!". Questa esclamazione ricorda il giudizio divino sulla creazione nel libro della Genesi: "E Dio vide che era cosa buona". Cristo, come nuovo Creatore, ristabilisce l'ordine originario della creazione, curando le ferite del peccato e della caducità.

Gaetano Masciullo

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