Sequéntia S. Evangélii secundum Ioánnem 14, 23-31.
In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Si quis díligit me, sermónem meum servábit, et Pater meus díliget eum, et ad eum veniémus, et mansiónem apud eum faciémus: qui non díligit me, sermónes meos non servat. Et sermónem quem audístis, non est meus: sed eius, qui misit me, Patris. Haec locútus sum vobis, apud vos manens. Paráclitus autem Spíritus Sanctus, quem mittet Pater in nómine meo, ille vos docébit ómnia, et súggeret vobis ómnia, quaecúmque díxero vobis. Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: non quómodo mundus dat, ego do vobis. Non turbétur cor vestrum, neque formídet. Audístis quia ego dixi vobis: Vado, et vénio ad vos. Si diligerétis me, gauderétis útique, quia vado ad Patrem, quia Pater maior me est. Et nunc dixi vobis priúsquam fiat: ut cum factum fúerit, credátis. Iam non multa loquar vobíscum. Venit enim prínceps mundi huius, et in me non habet quidquam. Sed ut cognóscat mundus, quia díligo Patrem, et sicut mandátum dedit mihi Pater, sic fácio.
Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni 14, 23-31.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Chiunque mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo da lui e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole. E la parola che avete udito non è mia, ma del Padre, di colui che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto mentre vivevo con voi. Il Paraclito, poi, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel nome mio, insegnerà a voi ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Vi lascio la pace, vi dò la mia pace: ve la dò non come la dà il mondo. Non si turbi il vostro cuore, né si impaurisca. Avete udito che vi ho detto: vado e vengo a voi. Se voi mi amaste, vi rallegrereste certamente che io vado al Padre, perché il Padre è maggiore di me. Ve l’ho detto adesso, prima che succeda: affinché, quando ciò sia avvenuto, crediate. Non parlerò ancora molto con voi. Viene il principe di questo mondo ed egli non ha alcun potere su di me; ma bisogna che il mondo sappia che amo il Padre e agisco conformemente al comandamento che il Padre mi ha dato.
La celebrazione della Pentecoste segna la conclusione del periodo pasquale. È l'ultimo giorno per adempiere a uno dei cinque principali precetti della Chiesa, che richiede di "confessare e comunicarsi almeno una volta all'anno, pena il peccato grave". Nell'antica Legge, la festa della Pentecoste, conosciuta come Shavuot in ebraico, cioè "festa delle settimane", commemorava la consegna delle tavole dei comandamenti da parte di Dio a Mosè sul Sinai.
Il nome deriva dal fatto che cade sette settimane dopo l'attraversamento del Mar Rosso da parte degli ebrei, che rappresenta la Pasqua, ovvero il passaggio del Signore. Nella numerologia biblica, il numero sette simboleggia perfezione e completezza, come riscontriamo ad esempio nel racconto della creazione in sette giorni. "Sette volte sette" è la tipica espressione biblica che indica una perfezione rinnovata da Dio stesso, come vediamo ad esempio quando Gesù insegna che si deve perdonare il proprio fratello "non fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette" (Matteo 18, 22; Genesi 4, 24).
Tutto ciò che si narra nell'Antico Testamento è come un riflesso anticipato di ciò che accade nella Nuova e perenne Alleanza di Cristo. L'evento centrale è la Resurrezione di Cristo, che, simile a un vero agnello sacrificale, morì sulla croce; fu poi sepolto, parallelo all'immagine degli ebrei ed egiziani passati attraverso le acque - i primi simboleggiano la vita dei battezzati, i secondi la mentalità mondana che porta alla morte. Infine, risorge per la potenza del Padre, come gli ebrei liberati dall'Egitto, ossia dal peccato.
Nella Chiesa antica, l'Ascensione e la Pentecoste erano festeggiate in occasione della Pasqua, poi, con il passare dei secoli, la comunità dei credenti ha ritenuto opportuno estendere la festività pasquale in un vero e proprio periodo pasquale. In questo modo, queste tre festività cruciali del calendario romano rappresentano a livello liturgico le tre virtù teologali, l'apice della vita mistica cristiana: alla Pasqua corrisponde la fede, perché la Resurrezione è l'evento fondante del nostro credo; all'Ascensione corrisponde la speranza, perché Cristo ci mostra che i veri beni cui dobbiamo aspirare sono quelli invisibili; infine, la Pentecoste rappresenta la carità, perché Dio viene ad abitare nel nostro cuore con il suo Santo Spirito in quanto membra vive della sua Chiesa.
Esaminiamo ora il parallelismo tra la vecchia e la nuova Pentecoste. Lo Spirito di Dio si manifesta in Esodo come una nube sul Sinai e consegna la Legge agli israeliti. Oggi, si manifesta ancora come fuoco, donando agli apostoli radunati nel cenacolo, alla Santissima Vergine Maria e alle altre donne i suoi santi sette doni soprannaturali, necessari per annunciare la buona notizia di Cristo con forza e persuasione. Non si tratta più solo di un'alleanza stipulata con un popolo eletto confinato alla Giudea, ma riguarda tutta l'umanità. Tutto ciò che è accaduto fino a quel momento, dalla chiamata di Abramo all'avvento di Cristo, è stato una preparazione per ricondurre tutti gli uomini di buona volontà a unirsi misticamente e intensamente con il Dio uno, trino, vivo e vero.
Gaetano Masciullo
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