sabato 8 aprile 2023

Pasqua: la salvezza è oggi, non domani!


Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 1-7.

In illo témpore: María Magdaléne, et María Iacóbi, et Salóme, emérunt arómata, ut veniéntes úngerent Iesum. Et valde mane una sabbatórum, véniunt ad monuméntum, orto iam sole. Et dicébant ad ínvicem: Quis revólvet nobis lápidem ab óstio monuménti? Et respiciéntes vidérunt revolútum lápidem. Erat quippe magnus valde. Et introëúntes in monuméntum vidérunt iúvenem sedéntem in dextris, coopértum stola cándida, et obstupuérunt. Qui dicit illis: Nolíte expavéscere: Iesum quaéritis Nazarénum, crucifíxum: surréxit, non est hic, ecce locus ubi posuérunt eum. Sed ite, dícite discípulis eius, et Petro, quia praecédit vos in Galilaéam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.

Seguito del S. Vangelo secondo Marco 16, 1-7.

In quel tempo, Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salomè comperarono degli aromi per andare ad ungere Gesù. E di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, arrivarono al sepolcro, che il sole era già sorto. Ora, dicevano tra loro: "Chi mai ci sposterà la pietra dall’ingresso del sepolcro?" E guardando, videro che la pietra era stata spostata: ed era molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto sul lato destro, rivestito di candida veste, e rimasero sbalordite. Egli disse loro: "Non vi spaventate, voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui: ecco il luogo dove lo avevano posto. Ma andate e dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse".

La mattina di Pasqua è un momento di grande gioia. Il sepolcro vuoto di Gesù diventa per noi credenti il simbolo della sconfitta della morte, su tutti i livelli: spirituale, morale, ma anche corporale. Il Signore è veramente risorto, ma "non è qui". 

Il Signore non abita dove c'è la morte, o dove c'è ancora il sentore della sua macabra presenza. Il Signore Dio è il Vivente ed è Dio dei vivi, non dei morti, e "precede gli apostoli in Galilea". Questa immagine del Signore che precede gli apostoli (cioè i futuri vescovi) richiama alla mente l'immagine della colonna di fuoco che, nell'Esodo, garantiva agli israeliti la presenza visibile del Dio invisibile e che li precedeva nel loro cammino attraverso il Mar Rosso e attraverso il deserto.

In effetti, Gesù è la vera colonna di fuoco per ogni cristiano. Egli protegge, illumina e precede con il suo Spirito, che dona a coloro che scelgono di vivere nella sua grazia. Questo annuncio che l'angelo fa alle donne - "dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea" - non è un semplice annuncio di gioia, è qualcosa perfino di più. Da notare come l'angelo pone l'accento non solo sull'urgenza di avvertire il collegio apostolico, ma in particolare Pietro (alla faccia di coloro che dicono che il primato petrino non è biblico). In altre parole, Dio sta sollecitando la Chiesa in questo passo a rialzarsi e annunciare in fretta l'annuncio che il peccato è stato sconfitto e una vita nuova attende l'umanità nel nome di Gesù Cristo.

Questa sollecitudine dell'angelo non può non far venire in mente la sollecitudine della Pasqua antica: ancora una volta, nell'Esodo (ricordiamo che la Pasqua ebraica è la prefigurazione della Pasqua cristiana, quella vera e definitiva), nella notte in cui l'angelo del Signore scese a fare "giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto" e a sterminare i primogeniti degli egiziani, Dio comanda a Israele per bocca del suo profeta Mosè di festeggiare quella notte di salvezza. Ma si tratta di un comando strano per una festa: solitamente la festa è motivo di gioia, di rilassatezza, di svago. Invece gli ebrei sono chiamati da Dio a consumare la Pasqua "in fretta", addirittura ordina di mangiare l'agnello "in piedi, con la cinta ai fianchi, il bastone in mano".

Questa sollecitudine è ripresa dall'angelo nella nuova Pasqua, di cui ci narrano i vangeli: "andate", è il repentino comando. Non c'è tempo per sbalordirsi, per guardarsi intorno. Bisogna raggiungere Cristo in Galilea, che nel vangelo è proprio il simbolo dell'incontro tra Israele e le genti, tra il vecchio e il nuovo, l'antica e la nuova alleanza che Dio intende stipulare: "Galilea delle genti".

Perché tanta fretta, verrebbe da chiedersi? La ragione è presto detta: Dio chiama alla salvezza l'uomo oggi. Tante volte il mondo (e soprattutto il mondo moderno, con le sue illusioni, le sue tentazioni, le sue lusinghe) ci invita a rimandare il pensiero di Dio. La vita è breve - ci suggeriscono - tanto vale godere il più possibile, tanto sono giovane, ho ancora tanta aspettativa di vita di fronte a me! Penserò alla morte e a ciò che segue, ammesso che possa mai scoprirlo, quando arriverà il momento della vecchiaia. Ma poi ci dicono che oggi si può vivere fino a 120 anni, e chi pensa più alla morte? 

La morte invece è un'amara realtà, che tocca a tutti, e che è ineludibile. Solo pensando alla morte e al nostro vero destino, al nostro momento finale, possiamo dare un senso, un significato alla nostra esistenza. Diciamo così: partendo dalla contemplazione della fine (ciò che un tempo la Chiesa chiamava novissimi), tutto il viaggio della vita terrena trova non solo la vera gioia e la vera pace, ma perfino la vera proiezione, che va oltre il limite fisico della morte biologica. C'è un'altra morte che dobbiamo temere, più di quella corporale, la "seconda morte" dell'inferno. Nostro Signore è sceso agli inferi - lo recitiamo nel Credo - e ha predicato il vangelo alle anime che non poterono accedere in Paradiso prima della Redenzione, e ha liberato molte anime di giusti, ma non tutte le anime. La misericordia si ferma laddove la giustizia è offesa. Cerchiamo allora anche noi, in questa Pasqua, di dire sì oggi e di consumarla "in fretta", divorati dallo zelo di annunciare al mondo che Cristo ha vinto la morte e il peccato.

Gaetano Masciullo

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