Inizia oggi l'Avvento, periodo di penitenza e preghiera in preparazione alla grande solennità della Natività di Nostro Signore. Il vangelo di oggi mette in parallelo due avvenimenti storici fondamentali: il primo, quello del Natale, evento storico passato, che ha segnato l'Incarnazione di Dio e l'avvio della redenzione del genere umano; il secondo, quello della Parrusia, evento storico futuro, che segnerà la fine della storia così come la conosciamo e il ritorno di Cristo nella resurrezione della carne per tutti gli uomini.
Nell'aspettare liturgicamente il Natale ci predisponiamo d'animo anche a questo secondo avvento. I tempi di questa palingenesi, di questa ricostituzione totale, non sono a noi noti né dobbiamo pensare (come sempre i cristiani sono stati tentati di fare nel corso della storia) che essa sia di necessità imminente. E i tempi difficili e confusionari che stiamo vivendo, carichi di odio e di empietà, non devono essere per noi una ragione in più per vivere nell'apatica attesa di un cataclima prossimo a cancellare tutto.
Piuttosto, soffermiamoci sulla frase che Gesù pronuncia nella pagina di vangelo odierna e che dice: "In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò sia avvenuto". Il giudizio finale della carne, infatti, è anticipata per ognuno di noi al momento della propria morte. La Chiesa insegna che non c'è migliore modo per evitare il peccato mortale se non la meditazione dei cosiddetti Novissimi, ossia le realtà ultime della vita, che nella dottrina cattolica sono quattro: morte, giudizio, inferno, paradiso.
Il mondo moderno è un mondo che non vuol sentire parlare della morte, mentre le società più antiche (penso in primis al luminoso Medioevo) erano riuscite ad accettare e comprendere non solo la natura di necessità di questo evento della vita, ma anche la sua natura di giustizia. Non dobbiamo infatti dimenticare che, in questo Universo, la corruzione e la morte sono leggi biologiche dovute non soltanto a un meccanicismo bio-chimico, ma a una volontà superiore e divina, che va oltre la materia. La morte è la purificazione di una condizione, sulla quale anche i cattolici meditano poco: il peccato originale, del quale tutti siamo macchiati. La missione primaria dell'Incarnazione di Cristo è stata proprio questa: morire per riscattarci da questa colpa antica.
Dopo la morte, c'è il giudizio personale, anticipazione di quello universale.
Il nostro destino eterno sarà confermato nell'istante stesso della nostra morte. Chi morirà in grazia sarà giudicato degno del Paradiso, chi morirà in disgrazia sarà giudicato degno dell'Inferno. Questa gravissima realtà non può essere modificata da nessuna forza esistente al mondo. Bisogna accettarla, meditarla e comprenderne la radicale natura di bontà e giustizia. Tutto ciò che è fisico, infatti, con le sue leggi meccaniche, non è nulla in confronto alla volontà e alla Legge di Dio. Per questo motivo Gesù ha insegnato: "Il cielo e la terra - cioé la natura con tutte le sue insormontabili leggi fisiche - passeranno, ma le mie parole non passeranno".
Gaetano Masciullo
Nessun commento:
Posta un commento