sabato 11 gennaio 2025

Ciò che il Ritrovamento di Gesù nel Tempio ci dice della Croce

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 2, 42-52.

Cum factus esset Iesus annórum duódecim, ascendéntibus illis Ierosólymam secúndum consuetúdinem diéi festi, consummatísque diébus, cum redírent, remánsit puer Iesus in Ierúsalem, et non cognovérunt paréntes eius. Exstimántes áutem illum esse in comitátu, venérunt iter diéi, et requirébant eum inter cognátos et notos. Et non inveniéntes, regréssi sunt in Ierúsalem, requiréntes eum. Et factum est, post tríduum invenérunt illum in templo sedéntem in médio doctórum, audiéntem illos, et interrogántem eos. Stupébant áutem omnes, qui eum audiébant, super prudéntia et respónsis eius. Et vidéntes admiráti sunt. Et dixit mater eius ad illum: Fíli, quid fecísti nobis sic? Ecce pater tuus, et ego doléntes quaerebámus te. Et ait ad illos: Quid est quod me quaerebátis? Nesciebátis quia in his, quae Patris mei sunt, opórtet me esse? Et ipsi non intellexérunt verbum, quod locútus est ad eos. Et descéndit cum eis, et venit Názareth: et erat súbditus illis. Et mater eius conservábat ómnia verba haec in corde suo. Et Iesus proficiébat sapiéntia, et aetáte, et grátia, apud Deum, et hómines.

Seguito del S. Vangelo secondo Luca 2, 42-52.

Quando Gesù raggiunse i dodici anni, essendo essi saliti a Gerusalemme, secondo l’usanza di quella solennità e, passati quei giorni, se ne ritornarono, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, né i suoi genitori se ne avvidero. Ora, pensando che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di cammino, dopo di che lo cercarono tra i parenti e i conoscenti. Ma non avendolo trovato, tornarono a cercarlo a Gerusalemme. E avvenne che, dopo tre giorni, lo trovarono nel Tempio, mentre sedeva in mezzo ai Dottori e li ascoltava e li interrogava. Tutti coloro che lo ascoltavano si stupivano della sua prudenza e delle sue risposte. E vedendolo, ne furono meravigliati. E sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco che tuo padre e io, addolorati, ti cercavamo". Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che è opportuno che io mi dedichi alle cose che sono del Padre mio?". Ed essi non compresero la parola che aveva detto loro. E se ne andò con loro e ritornò a Nazareth, e stava loro sottomesso. E sua madre serbava in cuor suo tutte queste parole. Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia, davanti a Dio e agli uomini.

L'episodio del ritrovamento di Nostro Signore Gesù nel Tempio di Gerusalemme è un passaggio ricco di significati profondi, soprattutto quando lo si contempla alla luce della festività della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. L'episodio, pur essendo solo un piccolo frammento della vita di Gesù, rivela molteplici aspetti di quella che dovrebbe essere la nostra spiritualità e offre spunti di riflessione per tutti i credenti, in particolare riguardo alla missione di Cristo, al suo rapporto con i genitori e al significato della famiglia.

Nel brano evangelico, ci viene narrato che, dopo il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, Maria e Giuseppe si accorgono a un certo punto che Gesù è rimasto indietro, addirittura è ancora nel Tempio, senza che loro se ne accorgessero. Subito si mette in moto una lunga ricerca, e l’ansia dei genitori è palpabile. Il viaggio di ritorno è lungo e arduo, e l'assenza di Gesù provoca in Maria e Giuseppe un'inquietudine profonda. La loro ansia è comprensibile: il Figlio che Dio ha loro affidato è smarrito, e il cuore di una madre e di un padre non può fare a meno di essere turbato in un simile frangente. 

Ma il loro comportamento ci insegna molto. In primo luogo, l’ansia di Maria e Giuseppe non è una semplice preoccupazione emotiva, ma un’ansia che scaturisce da un amore profondo e disinteressato, da un senso di responsabilità verso il dono ricevuto da Dio. In questo gesto, il credente è chiamato a riflettere su quanto spesso la nostra vita sia percorsa dall’ansia, non solo per ciò che riguarda i nostri affetti più cari, ma anche per le nostre preoccupazioni quotidiane, il nostro rapporto con Dio e la nostra vita spirituale. La ricerca di Gesù, per quanto dolorosa e lunga, è anche un atto di fede. L’ansia che i genitori provano, nella sua intensità, invita a non dimenticare mai che la nostra vita non è mai un cammino privo di difficoltà, ma che ogni ricerca di Cristo è anche un atto di fede che ci conduce alla verità, che è Lui stesso. In questo senso, anche le difficoltà e le ansie della vita, se vissute con fede, possono diventare occasioni per avvicinarci al Signore.

Un aspetto importante che emerge in questo brano è il riferimento all'età di Gesù. Egli aveva solo dodici anni. Nella cultura ebraica, i dodici anni segnavano un passaggio importante nella vita di un giovane, poiché si avvicinava l’ingresso ufficiale nella maturità religiosa e la responsabilità nei confronti della Legge (13 anni per i maschi ebrei). Gesù, però, non ha bisogno di questo rito di passaggio, perché è già maturo prima dell'età fissata dalla comunità israelita. 

La sua conoscenza delle Scritture e la sua capacità di insegnare ai dottori della Legge rivelano una maturità straordinaria, che diviene perciò il segno della sua divinità. Questo dettaglio non è un caso, ma un’ulteriore epifania della natura divina di Cristo. Con questa scena, l’evangelista Luca ci vuole manifestare non solo che Gesù è un bambino eccezionale, ma che la sua missione è già in atto, anche se ancora in forma nascosta. Qui assistiamo all'evidenza della piena maturità di Gesù, ancor prima del raggiungimento dei tredici anni e che si manifesta attraverso la sua capacità di insegnare, esclusiva di un maestro. Solitamente, nella mentalità antica ebraica, nessuno doveva insegnare prima dei trent'anni, dopo un periodo di silenzioso studio. 

Il cuore del passaggio evangelico è la risposta che Gesù dà a Maria e Giuseppe, quando lo ritrovano nel Tempio: "Perché mi cercavate? Non sapevate che è opportuno che io mi dedichi alle cose che sono del Padre mio?" Con queste parole, Gesù conferma non solo la propria missione, ma anche il suo rapporto unico con il Padre. Il suo compito non è solo quello di essere il Figlio di Maria e Giuseppe, ma di compiere la volontà del Padre. Tale compito è salvare, redimere l'umanità dal peccato originale. Questo è un richiamo a quella missione che, più tardi, troverà il suo compimento nella Passione e nella Croce. La menzione dei tre giorni di ricerca, infatti, rimanda velatamente ai tre giorni che separano la crocifissione dalla risurrezione di Gesù. L’ansia dei genitori, la loro ricerca e il ritrovamento di Gesù nel Tempio sono prefigurazioni del dolore che Maria vivrà durante la Passione e la gioia che proverà al mattino di Pasqua. Inoltre, il Tempio, luogo in cui Gesù viene ritrovato, è non a caso anche il luogo del Sacrificio: la Croce diverrà la nuova ed eterna cattedra del Divin Maestro. 

Inoltre, questo episodio ha una forte valenza pedagogica per la Chiesa, che vede nella Santa Famiglia il modello di ogni famiglia cristiana. La famiglia di Nazareth, pur trovandosi di fronte a una situazione che suscita ansia e preoccupazione, è al contempo un esempio di fede e di obbedienza alla volontà di Dio. In essa, Maria e Giuseppe, pur vivendo una tensione interna tra l’amore materno e paterno verso Gesù e la consapevolezza della sua missione divina, sanno accogliere con umiltà e fiducia il disegno di Dio. In questo, la famiglia cattolica è chiamata a essere un luogo di accoglienza e di crescita spirituale, dove ciascun membro, pur nella propria individualità, è sempre pronto a conformarsi alla volontà di Dio. La famiglia è un luogo in cui la fede si trasmette e si vive, un piccolo tempio in cui si rispecchia il disegno salvifico di Dio per l’uomo. La risposta di Gesù, quindi, non è solo un'affermazione della sua missione personale, ma anche un richiamo alla vocazione di ogni famiglia cristiana: quella di orientarsi verso il disegno divino, anche quando questo richiede sacrificio e discernimento, e di guidare la crescita dei figli secondo tre parametri fondamentali: sapienza, età (cioé maturità psico-affettiva), e grazia, davanti a Dio innanzitutto, ma anche dinanzi agli uomini.

Infine, la difficoltà di Maria nel comprendere la risposta di Gesù, pur essendo lei Immacolata e quindi priva degli effetti del peccato originale, è un aspetto che merita una riflessione profonda. Secondo la dottrina cattolica, Maria ha vissuto una vita senza peccato, incluso quello veniale, ma non possedeva una conoscenza infinita. La sua purezza e santità non le conferivano l'onniscienza, che è un attributo esclusivo di Dio. Maria ha vissuto una vita di fede e umiltà, crescendo nella comprensione del mistero divino attraverso la preghiera, il digiuno, la meditazione e l'elemosina. Anche se era piena di grazia e aveva una relazione unica con Dio, la sua conoscenza e comprensione dei Misteri divini si svilupparono nel tempo. Maria godeva certamente dei doni soprannaturali della scienza, dell'intelletto e della sapienza al massimo grado, ma questo non vuol dire che Maria era onnisciente. Il vangelo, infatti, dice anche che ella meditava sulle parole di Gesù: i doni dello Spirito Santo, in lei infusi con perfezione, le permisero di comprendere direttamente e in maniera ottimale cosa il Signore era venuto a svolgere su questa terra, e quale ruolo aveva anche lei in questo disegno di perfetta carità.

Gaetano Masciullo

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