Il brano della Presentazione di Gesù al Tempio viene proposto almeno tre volte nella liturgia tradizionale, perché almeno tre sono i grandi Misteri della storia della salvezza che in questa circostanza si schiudono. Il primo è quello della manifestazione di Cristo ai santi profeti Simeone e Anna (vedi qui per approfondire la questione della manifestazione di Gesù Bambino); il secondo è la Circoncisione di Gesù e l'imposizione del Nome (che si festeggerà nel rito tradizionale a breve, a Capodanno); infine, la Presentazione al Tempio del Bambino e la Purificazione di Maria (evento che si festeggerà il 2 Febbraio).
Vogliamo approfondire il primo Mistero. Tra tutti coloro che furono eletti da Dio a diventare testimoni della Regalità e Divinità del neonato Gesù, spiccano le figure dei profeti Anna e Simeone, che pure vengono spesso messi in secondo piano rispetto ai pastori e ai Magi. Era usanza presso i giudei, secondo la Legge cultuale affidata da Dio a Mosè, presentare il primogenito maschio nel Tempio di Gerusalemme e circonciderlo, come segno di alleanza eterna tra Dio e il suo popolo eletto. Anche Cristo e Maria, nato giudeo tra i giudei, "perché la salvezza viene dai giudei" (cfr. Gv 4, 22), nati immacolati tra i peccatori, vollero sottoporsi agli obblighi della Legge per insegnarci l'obbedienza alla volontà del Padre.
E infatti, le profezie dei santi Simeone e Anna hanno per oggetto proprio l'obbedienza alla divina volontà. Leggendo il brano di Luca, ci rendiamo conto che sono tre le profezie dette in questa occasione. Le prime due sono state messe per iscritto e furono proferite da san Simeone, "uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele" (Lc 2, 25). Sappiamo dunque che questo umile personaggio del Nuovo Testamento visse, per una personale rivelazione divina, in continua attesa della manifestazione di Cristo, che arrivò soltanto nell'ultimo periodo della sua vita: "lo Spirito Santo, che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore" (Lc 2, 26). Quale maggiore esempio di obbedienza alla volontà di Dio, se non quella di un uomo che ha saputo incarnare in tutta la sua vita l'Attesa per eccellenza?
La prima profezia ricorda di più la forma di un cantico e infatti la Chiesa ha adottato quello che è noto con il nome di Nunc dimittis come cantico finale della Compieta, nella Liturgia delle Ore.
Notiamo un grande insegnamento da questa profezia. L'obbedienza a Dio genera la pace del cuore, perché apre gli occhi alla Verità, l'unica cosa che salva e rende davvero liberi.
La seconda profezia è rivolta da san Simeone allo stesso tempo a Gesù e a Maria, la grande donna dell'umiltà e dell'obbedienza: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima". San Simeone collega così la salvezza dell'umanità, simboleggiata dall'Incarnazione di Cristo, alla Croce, il mezzo con cui tale salvezza vedrà la propria realizzazione.
L'ultima profezia è detta da Anna, che san Luca evangelista ci descrive come "profetessa della tribù di Aser" e "molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere" (cfr. Lc 2, 36-37). Anche sant'Anna, dunque, era una donna dell'attesa, dell'obbedienza e del silenzio. Ma questo silenzio viene spezzato improvvisamente per manifestare l'identità del Cristo. "Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Lc 2, 38).
La profezia di sant'Anna non ci è nota nei termini precisi, probabilmente perché, a differenza di quelle di san Simeone, non erano rivolte a Giuseppe e Maria, bensì agli altri presenti nel Tempio e quindi san Luca non riuscì a recuperare fonti di prima mano per trascrivere il contenuto. Sappiamo però che ella annunciava l'identità di Gesù: infatti "parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme", cioè del popolo di Dio.